Algeria e Tunisia, due paesi, due storie, due diversi tipi di stabilità

 Di Luigi R. Maccagnani

Si è tenuta a Roma, presso il Circolo della Marina di Tor di Quinto, una Tavola Rotonda di cui al titolo; hanno partecipato, moderati dall’ambasciatore Giovan Battista Verderame, la giornalista e scrittrice di nazionalità algerina, da tempo residente a Roma, Nacera Benali, il giornalista, scrittore e ricercatore Ugo Tramballi, di ritorno da un viaggio in Algeria, e l’ambasciatore Mario Boffo già consigliere presso il Consiglio Atlantico a Bruxelles (NATO).

Nell’introduzione, il presidente OMeGA ha presentato i relatori, ha accennato ai programmi futuri dell’associazione, tra cui la regata d’altura non agonistica Cagliari-Annaba-Biserta-Cagliari di inizio estate, ha espresso il benvenuto all’ambasciatore algerino, S. E. Abdelhamid Senouci Bereksi, ha quindi passato la parola all’ambasciatore Verderame il quale ha illustrato il tema della discussione, focalizzando l’attenzione su due quesiti: sul perché l’Algeria sia rimasta indenne dai moti della cosiddetta Primavera Araba, e sulle ragioni che hanno consentito alla Tunisia, dove tutto è cominciato, uno sviluppo diverso e positivo rispetto al resto dei paesi coinvolti.

Ha preso quindi la parola la giornalista Ben Ali, che ha tracciato un profilo storico-sociale dell’Algeria, risalendo alla resistenza anticoloniale dell’ottocento, alla guerra d’Algeria 1954-58, conclusasi con l’indipendenza nel 1962, ed infine agli eventi della guerra civile degli anni novanta contro i gruppi radicali armati di area Fronte Islamico di Salvezza (FIS).

La giornalista ha poi esteso la prospettiva sino a criticare la posizione del mondo occidentale, totalmente assente quanto a supporto fattuale e costruttivo verso i paesi arabi in difficoltà, sottolineando come – per contro – l’interventismo militare abbia avuto effetti disastrosi (Libia, Siria).

L’ambasciatore Verderame, a seguire, ha fatto riferimento allo sviluppo positivo in Tunisia, come esempio dell’esistenza di un Islam politico: “non è vero che la cultura islamica non possa rappresentare un’evoluzione democratica”.

Prendendo la parola, il Dr. Tramballi ha accennato a come in Algeria abbia avuto un ruolo importante la ricchezza derivata dai giacimenti di idrocarburi, il cui sfruttamento ha costituito fino al l’80-85% del PIL (negli anni 1996-99 il 95%, nda), ricchezza che ha permesso alle istituzioni di garantire uno stato sociale eccellente, con istruzione e sanità – per menzionare due settori fondamentali – accessibili a tutti i cittadini.

Certo, con il crollo del prezzo dei prodotti petroliferi, la diminuzione delle risorse dello stato mettono in pericolo il livello di interventi sociali e – forse – la stessa stabilità del Paese.

Altro problema per l’Algeria è la successione al presidente Bouteflika, data l’età e le condizioni di salute: evidentemente le istituzioni non sono così sicure e solidali da affrontare il problema.

Più difficile la situazione in Tunisia, che, non potendo contare su risorse naturali come gli idrocarburi, avrebbe maggior bisogno di un aiuto fattivo della compagine internazionale, quantomeno in alternativa agli aiuti “condizionati” che sono offerti dai paesi del golfo, come il Qatar.

Per i due Paesi, nonostante le condizioni favorevoli, appare evidente la difficoltà di promuovere riforme efficaci per differenziare le risorse economiche incentivando agricoltura e piccola media industria, settori dove più apparente è la “latitanza” del mondo occidentale, in particolare dell’Europa, vista la rilevanza geografica dei paesi a sud del Mediterraneo.

Evidente il vuoto, nelle politiche MENA (Middle East and Nord Africa), lasciato dai grandi attori internazionali, in particolare gli USA: attualmente si assiste ad un maggior coinvolgimento delle potenze regionali come Turchia, Iran, Qatar e perfino Egitto. Ancora nebuloso il ruolo della Russia.

 

L’ambasciatore Boffo ha sottolineato come l’Algeria abbia reagito positivamente alla “provocazione” islamista del FIS (Fronte Islamico di Salvezza) e sul rapporto integralismo islamico -vs- terrorismo (vedi GIA – Gruppi Islamici Armati, o MIA – Movimento Islamico Armato, nda), uscendone rafforzata senza l’aiuto della comunità internazionale.

Ha altresì notato come l’Europa, intervenendo in Libia, abbia mancato di comprendere cosa stava “bollendo” sotto certi regimi: “non si possono corteggiare i popoli e contrastarne i governi” (nda: poi per la Libia da vedere se i “popoli” sono rappresentati dalle bande e/o milizie che ora si contendono il paese, o da quell’85% della popolazione che aveva partecipato alle regolari elezioni del 2012!)

 

A conclusione del primo giro di interventi, l’ambasciatore Verderame ha sottolineato come per l’Algeria tutti gli intellettuali fossero convinti che il FIS, pur avendo avuto la maggioranza del 54% nel primo turno elettorale del 1990, non avrebbe potuto evolvere verso una forma di governo democratico. Né, per quanto riguarda in particolare la Tunisia, l’Europa abbia dimostrato grande solidarietà, basta vedere la reazione alla possibilità di esportazione dalla Tunisia di olive (nda: la Tunisia è il quarto produttore nell’area Mediterranea dopo Spagna, Italia e Grecia ed ha la capacità di esportare più del 50% della sua produzione).

 

In un secondo round di interventi, la Dr.ssa Benali ha posto l’accento sia sulla “correttezza” di un intervento muscolare ad escludere dal contesto democratico “partiti” che predicano violenza (vedi esclusione del FIS dopo il primo turno in Algeria, nonostante le pressioni della Comuità di S.Egidio in tal senso), sia sulla latitanza dei paesi occidentali che, contrariamente ai paesi del Golfo o alla Cina, ben poco investono nei paesi MENA, ed in particolare in quelli del Nord Africa: tale assenza è particolarmente rimarcabile da parte europea.

 

Sono stati poi dibattuti sia il tema di stabilità-vs-consenso popolare, sia quello della società civile-vs-laicità o ricchezza-vs-equilibrio.

 

Il Dr. Tramballi ha fatto notare come sia limitato l’interscambio economico all’interno delle macro-aree MENA: meno del 10% contro un oltre il 65% con l’Europa, forse un indice di immaturità dei paesi ad indipendenza relativamente “giovane”?

 

A chiusura della tavola rotonda, l’intervento dell’ambasciatore algerino in Italia (da giungo 2016), S.E. Abdelhamid S. Bereksi, che, dopo aver ringraziato per il cortese invito ed espresso apprezzamenti per il dibattito, ha commentato come lui nel suo passato diplomatico in Afghanistan e Turchia avesse preavvertito i colleghi di altre nazionalità di un imminente moto destabilizzante che avrebbe potuto interessare tutta l’area MENA.

 

Alla tavola rotonda è seguito un vivace dibattito con il pubblico presente.

 

Luigi Maccagnani

 

L’intero convegno è visualizzabile su youtube, al seguente link: <https://www.youtube.com/watch?v=FiMvKzX7yD8>

 

 

nda = nota dell’autore