Verso una pax climatica

di Lavinio Gualdesi

 

Recensione del libro “Riscrivere il futuro – La transizione ecologica equa e accessibile”, Solferino, Roma, 12 maggio 2023, di Roberto Cingolani, in collaborazione con Stefano Agnoli, Gilberto Dialuce, Francesco Gracceva, Ennio Macchi e Giuseppe Zollino

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Purtroppo il cambio climatico non si presta ad uno scoop giornalistico.

Come tutti i fenomeni naturali è lento ed inesorabile.

Si può calcolare il grado di crescita del fenomeno con la funzione matematica della derivata o, sempre attraverso l’analisi dei dati, quanto abbia inciso nel corso degli anni questa crescita, a volte impercettibile, mediante la funzione integrale.

Anche se proviamo ad addentrarci in infinite quanto inefficaci discussioni su cause, effetti e responsabilità, le funzioni matematiche applicate ai fenomeni fisici restano lì e non accettano mistificazioni.

Qualcuno tenta di manipolare, a volte in modo maldestro, gli spiccioli o le interpolazioni per parziale carenza di dati, ma le grosse cifre che caratterizzano il fenomeno restano lì.

Gli eventi catastrofici non aiutano a comprendere perché, non costituendo una novità assoluta, si prestano ad essere utilizzati da chiunque per dimostrare qualunque cosa.

Al contrario, una serie di eventi climatici catastrofici inseriti in un modello di simulazione matematica fornisce a chi li sa interpretare indicazioni molto significative sulla pendenza della derivata.

Le famose eruzioni del vulcano Pinatubo, le forti emissioni del Mauna Loa, inquadrate nel modello matematico forniscono attraverso i dati raccolti informazioni preziose nel contesto del calcolo integrale.

Lo scopo di questa premessa rivolta ai lettori della Rivista di geopolitica O.Me.G.A. non è quello di dimostrare che gli scienziati si rifugino nelle leggi matematiche applicate alla fisica per rendere oscuri ai non addetti i fenomeni naturali. Il libro “Riscrivere il futuro” di Roberto Cingolani dimostra esattamente il contrario.

L’inesorabilità del fenomeno del riscaldamento della terra non è negoziabile.

Gli scienziati non hanno alcun interesse a mistificare in un senso o nell’altro.

Di fronte ai dati non si può mentire.

Anche perché è loro dovere proporre soluzioni. Non si può lanciare un allarme così grave o arrendersi di fronte allo scetticismo. Anche se fosse vera la tesi che il progresso tecnico ha inquinato il pianeta, non abbiamo a disposizione che il progresso scientifico per salvarci.

Il danno è planetario, così deve essere la soluzione. E questa è la parte difficile del problema. Occorre agire urgentemente per ridurre le emissioni di ossido di carbonio di origine antropica un po’ dappertutto.

Anche se la nostra Europa con grandi sforzi riuscisse a ridurre drasticamente tutte le sue emissioni, a livello mondiale non potrebbe contribuire con più del 4%.

La definizione chiave espressa nel libro, è “neutralità tecnologica”.

La speranza ora è che diventi anche un metodo di lavoro.

Spero che questo libro – dal sottotitolo “La transizione ecologica equa e accessibile” – sia universalmente accolto come un trattato di pace firmato da tutti gli attori della transizione energetica. Deponendo le armi degli eserciti verdi, ecologici, eolici, solari e nucleari si potrebbe creare un modello di sviluppo che si cali capillarmente nelle realtà locali per svolgere una funzione analogica equa e misurabile. Anche se inizialmente modesta ed esplorativa, dovrebbe avere un corso veramente continuo ed inesorabile come è appunto il fenomeno da contrastare.

Insomma il messaggio è: “ciascuno faccia il massimo di quello che si può permettere di fare, ma lo faccia da subito e per sempre”.

Solo contribuendo tutti, in proporzione alle proprie capacità, si può sperare di vedere un progresso che avanza equamente distribuito.

Concludo con qualche esempio.

Le metropoli e le grandi città puntano ad un traffico più pulito attraverso l’adozione di auto elettriche, che però hanno il difetto che, quando si scaricano, hanno bisogno urgente di una colonnina di ricarica.

È l’invenzione del secolo: basta collegarsi alla colonnina che l’auto miracolosamente si ricarica. Un po’̀ come il telefonino. E ripartiamo senza inquinare l’aria.

Ma alla colonnina la corrente da dove arriva? Dalla solita centrale termica che inquina fuori dalla città, esattamente la stessa CO2 che avrebbe riversato in città. Per il pianeta il conto resta lo stesso.

E’ il motivo per cui nell’adottare le macchine elettriche nelle città europee occorrerebbe selezionare quelle che nella loro filiera produttiva abbiano evitato di inquinare il pianeta.

E a questo punto potrebbe intervenire giusto a proposito il trattato di pace.

Per rendere a zero emissioni da subito le macchine elettriche e i pannelli solari, senza dover attendere molti anni di produzione di energia virtuosa prima di aver finito di pagare il debito della loro produzione, la risposta potrebbe essere una piccola centrale a fissione nucleare da 50 MegaWatt.

Queste centrali utilizzano tecnologie sicure di quarta generazione e possono alimentare un quartiere della grande città, fornire energia alle fabbriche di componenti per le energie alternative, sostituire la centrale per alimentare le stazioni di ricarica.

Le centrali di quarta generazione sono modulari, compatte, sicurissime e trasportabili. Assicurano un funzionamento continuo per sopperire alle pause delle centrali a fonti intermittenti.

Risolvono il problema dell’ubicazione, dello stoccaggio di energia e non necessitano di grande innovazione utilizzando tecnologie già impiegate a bordo delle navi.

Permetterebbero un grosso salto di qualità nel cammino verso il punto ad emissioni zero, specie dove le fonti di energia sono scarse o inesistenti.

Un libro che merita di essere studiato ed approfondito, ed è destinato ad essere un manuale ricco di spunti utili nell’affrontare il cambiamento climatico. Terra, oceani, e atmosfera sono le zone che ospitano le ferite naturali più profonde e, allo stesso tempo, condizionano le dinamiche sociali che in futuro condizioneranno sempre più il genere umano.

Lavinio Gualdesi

 

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