THE GREAT SEA, di David Abulafia

Recensione di Alberto Osti Guerrazzi, 10 aprile 2017

Penguin, Published 6th March 2014,816 Pages, 129mm x 198mm x 36mm,602g, £16.99

Penguin, Published 6th March 2014,816 Pages, 129mm x 198mm x 36mm,602g, £16.99

Scrivere una storia complessiva del Mediterraneo è certamente qualcosa di difficile ed estremamente complesso, considerando che probabilmente nessun altra area del pianeta ha avuto ed ha una storia così lunga, varia e tormentata quale il nostro mare; e difatti una simile impresa non era ancora stata tentata, se non per settori specifici o per periodi limitati. Una citazione per tutte, la monumentale opera di Braudel dedicata al Mediterraneo all’epoca, al secolo, di Filippo II di Spagna.

Forse una eco della difficoltà del compito la si può trovare nel sottotitolo, “una storia umana del Mediterraneo”; cioè, forse, una storia sociale, culturale.

In realtà, invece, l’opera di Abulafia è una storia abbastanza tradizionale, che focalizza la narrazione da un lato sul succedersi di regni ed imperi e sulle relative guerre e battaglie, dall’altro sul commercio e sui mercanti, che spessissimo di queste guerre furono l’involontaria causa; il controllo e la sicurezza delle rotte commerciali essendo infatti il principale motivo che negli oltre 4000 anni di storia mediterranea ha spinto stati e regnanti a muovere flotte e truppe. Basti pensare alle guerre tra greci e fenici, o più di recente allo sforzo del Regno Unito volto a mantenere il controllo della rotta Mediterranea (che attraverso Suez permetteva il flusso di merci da e per l’India) ed incentrato sulle basi navali di Gibilterra, Malta e Cipro.

Tuttavia, anche se tradizionale, l’opera di Abulafia è di grande interesse e di piacevole lettura, funzionando senz’altro come un buon manuale che mette insieme come in un enorme puzzle molti dei tasselli più importanti che formano la storia di quello per gli ebrei è il Grande Mare; è quindi, a mio parere, una lettura che può senz’altro piacere ed essere utile a chi ama il Mediterraneo e la sua storia, tanto al semplice appassionato che allo studioso. Particolarmente interessante è il racconto quando si sofferma sulla storia delle città portuali e su come spessissimo queste fossero un’affascinante crogiuolo di razze, lingue, religioni, culture; crogiuolo che, purtroppo, il nazionalismo contemporaneo ha in gran parte cancellato.

L’autore è un accademico britannico di  origine ebrea, e questa sua origine traspare in una simpatia per la Gran Bretagna e per il popolo ebreo che a volte sembra mettere a rischio, specie per la storia più recente, l’obiettività della ricostruzione storica; forse anche per questo le parti più interessanti e originali sono le prime, dalle origini fino al Medioevo.

Il volume si chiude con due frasi su cui non si può non concordare: “il Mediterraneo è probabilmente stato il più vigoroso luogo di interazione tra società diverse del pianeta, ed ha giocato un ruolo nella storia della civiltà umana che ha di gran lunga superato ogni altro mare od oceano”. E, meno positivamente: “I mari uniscono come dividono, alcune volte più una cosa che l’altra. Il Mediterraneo, che ha così spesso unito tre continenti, è oggi una frontiera che divide i continenti l’uno dall’altro”.

Purtroppo, specie per quest’ultima frase, Abulafia ha ragione.

 

Alberto Osti Guerrazzi