Gaza e dintorni

 di Gaetano D’Elia

Stiamo assistendo all’ennesima recrudescenza delle annose tensioni tra palestinesi ed israeliani. Né l’uno e né l’altro riescono a trovare pace. La guerra è più facile, basta uno solo che cominci. Per la pace bisogna essere d’accordo tutti.

La situazione, in quel fazzoletto di mondo, è complessa; la matassa si è ingarbugliata sempre di più che pur trovandone il bando sarà molto difficile sbrogliarla. Ma non è stato sempre così. La Palestina era sotto il dominio dell’Impero Ottomano. Maomettani, ebrei e cristiani riuscivano a convivere e a condividere la stessa terra e la stessa città di Gerusalemme sacra a tutte e tre le religioni monoteiste. Alla fine della Prima Guerra Mondiale gli Ottomani non esistevano più e la Palestina, dietro mandato della Società della Nazioni, finì sotto protettorato inglese che già controllavano non solo l’Egitto ma gran parte del resto del Medio Oriente; era una comoda porta per l’India, anch’essa di loro dominio. Fu allora che cominciò un flusso immigratorio sempre più imponente di ebrei tanto da scatenare, nel 1929, la Grande Rivolta Araba. Le cose si misero definitivamente male per gli arabi ivi residenti quando, a seguito della Shoah, l’Assemblea delle Nazioni decretò la futura nascita di uno stato indipendente ebraico. I rapporti tra gli arabi preesistenti e la quantità di nuovi ebrei arrivati si fecero ovviamente sempre più tesi fino a sfociare nel terribile massacro di Deir Yassin, un villaggio vicino Gerusalemme, il 9 aprile 1948, ad opera degli integralisti ebrei dell’Irgun ai danni degli arabi. Il 14 maggio 1948, con atto unilaterale, gli ebrei decretarono la nascita dello stato di Israele; case, terreni e beni di ogni tipo appartenenti agli arabi furono espropriati e questi allontanati con la forza fuori dai confini della neonata nazione israeliana. Ecco le premesse dell’interminabile faida. Tutto si è complicato poi per la situazione internazionale, politica, economica e militare instauratasi con la ‘guerra fredda’. I sovietici cercavano di allargare la loro influenza anche in Medio Oriente e così lo stato di Israele divenne un avamposto strategico fondamentale per l’Occidente. Funzione destinata ad accrescersi con un’economia assetata di petrolio che, per colmo di sfortuna, era di provenienza araba. Ormai Israele era diventato insostituibile per l’Occidente; da lì poteva partire qualunque azione militare a salvaguardia dei flussi di greggio. Gli stati arabi giocarono la partita a modo loro. Mal sopportando gli Israeliani e non potendo mettersi apertamente contro l’Occidente pena la perdita dei giganteschi introiti petroliferi, foraggiarono sotto banco i movimenti terroristici antisemiti. L’Occidente, Stati Uniti in testa, armarono fino ai denti gli Israeliani ed i Sovietici, dal canto loro, gli Arabi. In questo scontro tra giganti i Palestinesi ne hanno fatto e ne fanno le spese. La guerra, protratta per troppo tempo, confonde e mischia le ragioni con i torti. Gli Israeliani ebbero torto a cacciar via, di punto in bianco, gente che per secoli era lì vissuta; hanno torto quando bombardano scuole ed ospedali; hanno torto quando negano persino l’acqua. I Palestinesi hanno torto quando seminano morte con il terrorismo. Nell’afoso lembo di terra arida che è la Palestina si fronteggiano due mondi diametralmente opposti, lontanissimi, il tutto esacerbato dalla religione. Niente come la religione può trasformare pacifiche persone in feroci e spietati assassini. L’integralismo religioso trasforma la razionalità in follia pura; nessuno può definirsi migliore dell’altro. Non furono migliori i papi che, interpretando alla rovescia il fondamentale dettame evangelico di amare il prossimo tuo, lo amarono così tanto da lanciare ben nove crociate sanguinosissime contro l’Islam. Non lo sono gli Imam che dalle moschee e dai minareti incitano alla Jihad contro tutto ciò che non è musulmano dimenticando anche loro i dettami del Corano tutt’altro che bellicosi. Non lo sono, infine, nemmeno i Rabbini che si ostinano a definire gli ebrei l’unico ‘popolo eletto dal Signore’ e la Palestina ‘terra promessa’ di loro esclusiva proprietà per decreto divino.

Gaetano D’Elia

Il sorriso di Anas Qandeel, un ragazzo di Gaza, 17 anni.  Qualche giorno fa ha postato questa foto e il suo ultimo messaggio su FB: "Dio, abbi pietà di me! E' da ieri che non dormo! Fai in modo che cada una bomba sulla casa e finisci il tuo lavoro! Ho così sonno!" L'ultimo messaggio di Anas.

Il sorriso di Anas Qandeel, un ragazzo di Gaza, 17 anni.
Qualche giorno fa ha postato questa foto e il suo ultimo messaggio su FB: “Dio, abbi pietà di me! E’ da ieri che non dormo! Fai in modo che cada una bomba sulla casa e finisci il tuo lavoro! Ho così sonno!”
L’ultimo messaggio di Anas.