Voglia di cambiamento a Ramallah

di Alfredo De Girolamo & Enrico Catassi

Sono passate due settimane dalla fine delle ostilità a Gaza, nei Territori Palestinesi è in corso un confronto aspro tra Fatah e Hamas, gli strascichi di questa guerra non sono solo fame e disperazione ma anche una lotta interna per chi guiderà politicamente le sorti di un popolo che cerca sempre il suo Stato.

Per capire tutto questo siamo andati a scorrere l’albero genealogico dei Barghouthi, una delle famiglie che hanno fatto la storia politica e culturale della Palestina. Barghouthi è un cognome pesante e potente, molti familiari sono stati ai vertici politici, ricoprendo vari ministeri dell’Autorità Nazionale Palestinese. Inoltre, nella seconda metà dello scorso secolo esponenti di spicco del pensiero comunista furono personaggi come Bashir e Samih Barghouthi. Poeti conosciuti ed apprezzati sono Hussein e Mourid Barghouthi.

La fama maggiore fuori dai confini della Terra Santa è tuttavia andata agli attivisti della causa palestinese, volti noti sono Marwan, Mustafa e Fakhri. Quest’ultimo ha trascorso oltre 30 anni nelle carceri israeliane. Mentre Marwan Barghouti, leader indiscusso della Prima Intifada e capo delle Brigate Martiri di Al-Aqsa, sta scontando 5 ergastoli in un carcere israeliano. “La nostra famiglia è una delle più grandi nella zona di Ramallah. I Barghouthi storicamente hanno avuto un ruolo importante all’interno della comunità palestinese grazie all’elevato grado di educazione che contraddistingue i membri della nostra famiglia, dove uomini e donne sono attivi in varie fazioni dell’OLP e di Hamas. Devo infine ricordare che molti Barghouthi sono detenuti nelle prigioni israeliane.” Questa è la presentazione che ci ha fatto Mohammad Barghouthi ingegnere e figura chiave del clan. Mohammad ha un passato in politica, è docente universitario e collabora con una ONG. Sulla questione del confitto israelo-palestinese Mohammad è categorico: “Il governo d’Israele continua ad esportare i propri problemi ai palestinesi. Non vuole riconoscere i nostri diritti. Ha scelto un percorso che non prevede la pace come risultato finale, ma bensì il ritorno all’uso delle armi, con scadenze periodiche ci presentano una nuova guerra.” Il ciclo del conflitto in Medio Oriente è una costante. La gente in queste terre è forse troppo assuefatta alla violenza, all’odio dilagante. L’ultima guerra di Gaza è costata la vita ad oltre 2 mila palestinesi e 71 israeliani. Ma lo spargimento di sangue non è bastato, dall’una e dall’altra parte c’è una radicalizzazione del conflitto e le componenti estremiste si rafforzano, aumentando nei consensi e nella popolarità: “se devo essere franco i palestinesi della West Bank si sentono molto orgogliosi della resistenza di Gaza e gran parte della popolazione sostiene Hamas e la Jihad.”

La guerra di questa estate ha dato alle organizzazioni terroristiche palestinesi nuova linfa e tanta visibilità internazionale, minando il già difficile compito del Presidente Abu Mazen: “c’è tra i palestinesi un diffuso malessere nei confronti del governo di Ramallah ed è crescente la delusione per le scelte politiche del Presidente Abbas”. Il successore di Arafat ha paventato le dimissioni, ha tenuto un profilo basso durante la guerra, ha lavorato con l’Egitto per arrivare ad una tregua duratura e si è esposto molto criticando pubblicamente Hamas. Mentre sul fronte israeliano il recente conflitto ha avuto l’effetto di serrare le fila e rafforzare la leadership di Netanyahu: “L’attuale governo israeliano è uno dei più barbari, razzista e senza nessuna considerazione per l’umanità.” Più volte la pace tra palestinesi ed israeliani è parsa ad un passo dalla realizzazione, come tutti i sogni quei brevi momenti sono durati poco: “è veramente molto difficile credere nella pace, la ragione è che dopo più di vent’anni di negoziati non è stato raggiunto alcun risultato tangibile”. In Palestina si torna a parlare di un leader forte che possa prendere l’eredità di Arafat, un uomo con carisma e che goda del rispetto e dei favori dell’intera comunità palestinese. Quell’uomo ha un nome ed un cognome, Marwan Barghouti: “Anche se lui esclude al momento di correre per le prossime elezioni presidenziali, molte persone in Palestina, oltre al sottoscritto, sperano in un suo ripensamento, siamo fiduciosi”. Gli ultimi sondaggi indicano in Hamas la prima forza politica in Palestina, sia a Gaza che nella West Bank, l’unico politico che potrebbe ribaltare un esito che oggi appare scontato è proprio Marwan. Però, anche se il suo nome venisse inserito nella corsa per la Muqata, resta il fatto che gli Israeliani non hanno alcuna intenzione di scarcerare quello che un loro tribunale ha giudicato terrorista e assassino: “La moglie di Marwan lo visita periodicamente in carcere, è tramite lei che siamo aggiornati sulla sua situazione. In queste settimane è stato molto colpito dal dramma di Gaza e dalla prigione ci ha inviato un appello per incoraggiare tutti i palestinesi a sostenere i fratelli di Gaza”.

Alfredo De Girolamo & Enrico Catassi

Autori di “Francesco in Terra Santa” edizione ETS