Intervista ai rappresentanti a Roma dell’Autorità palestinese

Incontriamo Mustafa Naser, Primo segretario della Missione diplomatica della Palestina presso lo stato italiano, nella sede di Roma, pressi del viale delle Terme di Caracalla, che ci porge le scuse per l’assenza di Sabri Ateyeh, Capo della stessa Missione, urgentemente convocato al Ministero degli Affari Esteri.

Mustafa Naser è da molti anni in servizio in Italia, a lui Omeganews ha rivolto una serie di domande sui temi più attuali che riguardano la Palestina. Dopo l’avvento della primavera araba molti sono gli interrogativi che riguardano i Paesi arabi e i modelli di democrazia ai quali essi dichiarano di ispirarsi. La conversazione con Naser  ha cercato di  mettere in luce gli obiettivi, le strategie e le speranze ma anche le perplessità che a vari livelli si celano dietro una Nazione, che da mesi chiede di essere ammesso  all’Assemblea delle Nazioni Unite con la dignità di Paese.

Omeganews – La nostra prima domanda riguarda l’incontro del Cairo del 24 novembre scorso tra i capi dei due movimenti palestinesi Hamas e Fatah, Khaled mesha’al e Mahmoud ‘Abbas, che si sono confrontati per tentare un accordo sui principali punti del dossier riconciliazione interpalestinese. Come è andata?
Naser
– Le prime impressioni sono di un <semi accordo totale>.

Omeganews – Sembrerebbe esservi una contraddizione di termini…
Naser
– Questa volta sembra che Hamas sia intenzionato a firmare un accordo più seriamente che nel passato. Dico “semi” perché non siamo ancora sicuri circa la sua reale volontà. Hamas ha accettato di parlare di tutto, delle elezioni del Consiglio legislativo dell’Autorità Nazionale, di quelle Presidenziali e di quelle degli Enti Locali, in tal senso definiamo l’accordo “totale”.

Omeganews – L’Egitto, offrendosi quale mediatore, nonostante il periodo burrascoso che sta attraversando, si dimostra un sostenitore dell’accordo. Vi sono, secondo Lei, altri Paesi che favoriscono questo processo di ‘riconciliazione nazionale’?
Naser
– Con le parole, si, certamente.

Omeganews – Le parole sono facili, atteniamoci alle dimostrazioni concrete, nei fatti.
Naser
– Non so quanto possa piacere uno stato palestinese che potrebbe essere un modello di democrazia e sviluppo nella zona per gli altri Paesi…

Omeganews – Ma nella zona si autodefiniscono tutti modelli di democrazia, i Paesi vostri vicini. Anche Israele, che viene generalmente definito in Occidente come l’unico Paese realmente democratico della Regione. Ma si considerano “democratici” anche il Marocco, l’Algeria, anche la Tunisia, che ha concluso la sua primavera e si è dotato di un nuovo governo. La “primavera araba” sta portando al potere, un po’ dovunque, la componente islamica. Moderata o meno, lo vedremo dal prosieguo e dai fatti. In ogni caso sta venendo al potere la componente islamica di questi Paesi. Chi conosce la vostra area sa che una delle rare realtà laiche esistenti in zona è proprio quella palestinese, che, pur a maggioranza islamica e fortemente fedele alla dottrina islamica, si è sempre distinto per l’ampia libertà di culto concessa ai fedeli delle tre religioni presente sul suo suolo. Questa sua attitudine crea problemi nei rapporti con i Paesi della primavera araba, nei quali l’islam è in forte ascesa?
Naser
– Faccio una premessa che mi consentirà di chiarire il nostro modello democratico. Primo, nonostante l’esistenza di pareri contrastanti e di diversità ideologica al nostro interno, per oltre 40 anni l’Olp ha sempre perseguito scelte frutto di un confronto democratico. Questo dà la misura di una base di cultura democratica senza la quale quest’ultima non può esistere. Secondo, prima delle ultime elezioni Al Fatah controllava tutto ed avrebbe potuto falsificare qualsiasi risultato, se solo l’avesse voluto. Al Fatah, invece, ha dichiarato di avere perso le elezioni ed ha consegnato il potere al contendente.  E questo non è mai capitato in nessun Paese arabo. Per quanto Israele, non so cosa dire del suo concetto di democrazia. Non credo proprio si possa definire democratico chi opprime un altro popolo, totalmente, occupa la sua terra, lo umilia tutti i giorni, invade i suoi territori, gli confisca la terra per costruire propri insediamenti. Democrazia è anche rispettare gli altri, i diritti degli altri. Israele non rispetta i diritti del nostro popolo, quindi…
Rispondendo alla Sua domanda, partendo dalla certezza che la Palestina in futuro sarà com’era, un Paese laico, il maggior Paese laico della zona, dove hanno convissuto Musulmani Cristiani ed Ebrei senza nessuna discriminazione, né razziale, né religiosa, chi ha avuto questa maturazione democratica può rappresentare un timore concreto per certi Paesi.
Per quanto riguarda la “primavera araba”, pur ritenendo che nessuno può mettersi contro una piazza, soprattutto una piazza che sta esplodendo, ho paura che questi partiti islamici invochino la democrazia quando sono all’opposizione. Temo che, conquistato il potere, impediranno elezioni libere, perché l’elettorato non li confermerebbe dopo averne avuta conoscenza. E’ troppo facile invocare la democrazia quando si è all’opposizione ed il potere è in mano agli avversari.

Omeganews – L’11 novembre il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite si sarebbe dovuto esprimere con un voto sulla richiesta palestinese di ammissione all’Assemblea delle Nazioni Unite. Sulla stampa quotidiana del 9 novembre è apparsa la notizia secondo cui il comitato del Consiglio di sicurezza incaricato di formulare una raccomandazione sulla richiesta di adesione all’Onu della Palestina come Stato membro a tutti gli effetti, non ha trovato un accordo ed è stato incapace di formulare una raccomandazione unanime al Consiglio di sicurezza. Da quel momento non sen’è più parlato. E’ il Consiglio di sicurezza che nasconde qualche informazione, o siete voi a non spingere, temendo di non disporre dei necessari nove voti?
Naser
– Siamo ormai sicuri di non avere nove voti. L’unica speranza per passare da otto a nove era costituita dalla Bosnia. Ma la Bosnia, sottoposta a forti pressioni da parte americana, si è schierata nel fronte del “no”. Se fossimo arrivati a nove, gli Stati Uniti sarebbero stati costretti a porre il “veto”, per impedire il nostro ingresso nelle NU. E questo li avrebbe squalificati agli occhi delle piazze arabe, e li avrebbe fatti apparire come nemici dei diritti umani, della democrazia, della pari dignità. E quindi hanno convinto la Bosnia a cambiare parere.

Omeganews – La vostra strategia alternativa sembra essere oggi quella di cercare di entrare come membri permanenti nelle agenzie delle Nazioni Unite. Con l’Unesco vi è andata bene. Farete lo stesso anche con le altre agenzie? Con quali? Con tutte, o solo con alcune?

Naser – Con tutte. Con tutte le agenzie delle Nazioni Unite. Ma insisteremo anche con il tentativo di essere membri effettivi ed a tutti i livelli delle Nazioni Unite, anche dell’Assemblea generale. Se non è andata bene quest’anno, riproveremo anche l’anno prossimo.

Omeganews – Userete l’opzione-Vaticano, ossia cercherete di entrare come osservatori, come il Vaticano?
Naser
– No, vogliamo essere membri a tutti i livelli delle Nazioni Unite, con i doveri e i diritti di tutti i Paesi del mondo, con la stessa dignità del 90% degli abitanti della Terra. Invece la Palestina, che possiede una città come Gerico che l’anno scorso ha celebrato i 10.000 anni di storia, non può essere membro non solo dell’Assemblea generale, ma neppure dell’Unesco, visto che Stati Uniti e Israele hanno votato contro. Quando potremo fare parte delle Nazioni Unite, se neanche valori universali come Cultura Scienza ed Educazione, le materie dell’Unesco, riescono ad essere tenute fuori dal contenzioso?

Omeganews – Userete il vostro ruolo all’interno dell’Unesco per bloccare attività israeliane all’interno del vostro territorio?
Naser
– Sicuramente, ed è quello che temeva Israele. Specialmente per quanto riguarda due cose: lo status di Gerusalemme e la tomba di Rachele a Betlemme. Queste sono palestinesi e devono restare palestinesi, con la protezione dalla comunità internazionale. Non abbiamo ancora fatto nulla di concreto, ma la nostra intenzione è di combattere a tutti i livelli per vedere riconosciuti i diritti del popolo palestinese.

Omeganews – Molte imprese palestinesi fanno affari in Israele, favorendo le attività dei coloni israeliani in terra palestinese, facendo i procacciatori d’affari, subappaltatori di interessi di holding israeliane. Non Le sembra strano? Il business può giustificare atteggiamenti del genere? In caso contrario, il comportamento di questi impresari appare quanto meno discutibile.
Naser
– Gli accordi di Oslo del 1993 posero forti vincoli sul piano dell’economia e della sicurezza. Al momento degli accordi l’isolamento politico dei palestinesi (assedio dell’OLP a livello mondiale) ha reso necessario firmare tali accordi peccando di una certa superficialità poiché non c’era altra scelta. L’economia palestinese poteva respirare solo attraverso quella israeliana. Spero che queste attività non incidano sulla costruzione degli insediamenti in Cisgiordania e che siano investimenti nello Stato di Israele.

Omeganews – Qualcuno avanza l’ipotesi che possano aiutare i coloni israeliani a costruire in terra palestinese.
Naser
– Dovrebbe trattarsi di investimenti fatti a Tel Aviv, nello Stato d’Israele, che poi vengono impiegati per costruire insediamenti dei coloni in Cisgiordania. Spero che si faccia chiarezza sugli investimenti privati da parte di uomini palestinesi portati avanti con compagnie israeliane, è grave che quelli in territorio israeliano sono arrivati a superare quelli in territorio palestinese. Una notizia di 4/5 giorni fa riferisce di un investimento di due miliardi e mezzo di dollari in Israele e di un miliardo e seicentomila dollari in Cisgiordania da parte di privati palestinesi.

Omeganews – Una domanda di natura strategica sui rapporti con Siria, Turchia, Iran. I rapporti tra Israele e Turchia, tradizionalmente molto buoni, si sono recentemente deteriorati. Ma tanto deteriorati da consentire un avvicinamento tra Turchia e Palestina? La Turchia è anche un Paese anti siriano, l’unico Paese dell’area che ha invitato chiaramente Assad ad andarsene via. D’altronde, la Siria è anche la longa manus iraniana nella zona, ed anche il tramite degli aiuti ad Hezbollah. C’è, quindi, una rete fitta che non si capisce come sia organizzata. Cosa pensa l’autorità palestinese al riguardo?
Naser
– Diciamo che il mondo arabo non ha pensato ad altro, sinora, che alle entrate del petrolio ed alle strategie per investirle. Non esiste altra strategia del mondo arabo. La Palestina è vittima di una mancanza di strategia di un mondo arabo che resta frammentato e debole. La Palestina non ha un alleato strategico, ma punta a relazioni che consentano di garantire un consenso minimo a favore della causa palestinese. Non ci sono due stati arabi confinanti che vadano d’accordo. In questo momento abbiamo in zona tre Paesi con mire di grandi potenze regionali, Iran Turchia e Israele, ed ognuno di essi persegue i suoi progetti di grandezza. L’Iran pensa all’impero persiano, la Turchia vorrebbe rinnovare i fasti dell’impero ottomano, Israele persegue l’obiettivo dello stato degli Ebrei. L’Iran dal 1979 in poi non ha mai davvero fatto gli interessi della Palestina. Con esso Israele ha pessimi rapporti dall’arrivo degli Ayatollah. La politica attuale di Israele contribuisce ad aumentare le tensioni e favorisce l’ascesa di forze non democratiche (integraliste) nei paesi arabi, soprattutto alla luce del mancato rispetto delle risoluzioni ONU sulla Palestina. La Turchia ha al potere ormai da anni una classe islamica sinceramente moderata. I rapporti con Israele sono stati ultimamente molto buoni; si sono recentemente incrinati, ma non a livello strategico e non in modo irrimediabile. Il regime turco aizza le proprie masse contro l’Iran per contrastarne l’avanzata. Sulle relazioni tra questi stati pesa la strumentalizzazione della causa palestinese. Ed è per questo che noi diciamo ad Israele: non potrete mai abitare nella terra palestinese, come noi non potremo mai distruggere lo stato d’Israele. Per togliere a tutti questi Paesi la possibilità di strumentalizzare la situazione, non chiediamo altro che di regolarizzarla mediante l’applicazione delle risoluzioni delle Nazioni Unite, del Consiglio di Sicurezza, dando ai Palestinesi il 22% della Palestina mandataria. Se gli Israeliani non vogliono capirlo, non fanno altro che aiutare l’Islam radicale. E qui viene il ruolo degli Americani e degli Europei, perché tacere sulle politiche israeliane non è aiutare Israele a costruire un clima di convivenza pacifica e stabilità. Assolutamente!

A cura della Redazione di Omeganews