Un approccio multidisciplinare a un annoso problema

di Lavinio Gualdesi

Soluzione politica a un annoso problema.

Il pregevole articolo di Simone Repetto apparso sulla Rivista Nautica il 28/01/23, e richiamato sulla rassegna stampa di OMeGA, ha l’evidente pregio di dare diffusione alle azioni ufficiali della Unione Europea sulla salvaguardia dei cetacei e altre specie marine e con le frasi “per la prima volta a livello globale” si stabiliscono “nuovi parametri“ sembra dare finalmente valenza politica internazionale al cospicuo lavoro scientifico di preparazione e di studio che gli esperti del settore hanno svolto già̀ dall’inizio di questo secolo. Infatti l’IFAW (International Fund for Animal Welfare), citato nell’articolo, si avvale di esperti per lanciare efficaci campagne in favore della protezione della fauna, partecipando attivamente a sensibilizzare l’opinione pubblica mondiale su questa necessità. L’accenno finale alle emissioni di tipo militare è ovviamente condivisibile se si riferisce a Marine Militari fuori dell’ambito NATO in quanto nei Centri di Ricerca della NATO molto lavoro si è fatto a questo riguardo.

Per rendere noto questo, occorre un po’ di storia.

“NATURE” e gli spiaggiamenti

Negli Stati Uniti “The Marine Mammal Protection Act” è stato pubblicato nel 1972 e già da allora si legiferava sulla protezione dei mammiferi marini anche dal punto di vista acustico. Uno speciale capitolo prevedeva eccezioni ben limitate per scopi di prontezza operativa militare e un contingentamento di caccia per le popolazioni dell’Alaska che tradizionalmente vivevano di sola pesca. Nel marzo 2000 la Marina degli Stati Uniti ha ammesso che l’uso di un sistema sonar ad alta intensità e bassa frequenza ha causato un’ondata di spiaggiamenti letali di balene sulle spiagge delle Bahamas poco dopo che le navi della Marina degli Stati Uniti erano passate. Le autopsie sugli animali hanno rivelato sanguinamento intorno alle orecchie interne delle balene. Una sinossi provvisoria dei rapporti del National Marine Fisheries Service (NMFS), pubblicata il 20 dicembre 2001, concluse che l’emorragia era stata causata dalle onde sonore prodotte dal sonar ad alta intensità. Diversi gruppi di ricerca statunitensi iniziarono a esaminare questo problema. La relazione giungeva in un momento delicato. La Marina degli Stati Uniti stava infatti richiedendo l’approvazione per un nuovo sistema sonar ad alta intensità (vedi Nature 410, 505; 2001). Il sistema operava a frequenze ancora più basse di quello responsabile degli spiaggiamenti delle Bahamas. ciò si rendeva necessario per rilevare la presenza di nuovi sottomarini più silenziosi, sosteneva la Marina. L’NMFS doveva approvare l’uso del sistema d’arma ai sensi del Marine Mammal Protection Act, e si riteneva improbabile che il rapporto sugli incidenti potesse influenzare negativamente il processo di approvazione. Sempre leggendo da Nature (https://rdcu.be/c4YRH), nel 2003, John Orcutt, geofisico e vicedirettore dello Scripps, affermò di essere favorevole alle modifiche proposte al MMPA, in modo che i ricercatori potessero ottenere i permessi più facilmente di quanto non lo fosse stato fino ad allora. Orcutt era preoccupato, tuttavia, che l’esenzione della Marina avrebbe consentito ai militari di svolgere tutti i propri esperimenti e smettere di sostenere ricercatori esterni, che sarebbero rimasti vincolati dalla legge. Ma il biologo marino Ken Balcomb, direttore del Center for Whale Research di Friday Harbor, Washington, affermò che i recenti spiaggiamenti di mammiferi marini avrebbero dovuto persuadere gli oceanografi fisici – e il Congresso – a preoccuparsi di più̀ di proteggere questi animali invece di allentare le normative sulla ricerca. Gli esperimenti sui sonar a bassa frequenza sono continuati, anche perché incalzati dalle ricerche avversarie, ma si è sentita la necessità di regolamentare le emissioni sottomarine in tempo di pace mediante un documento emesso dal Centro di Ricerche Sottomarine della NATO, già ampiamente dotato di apparecchiature di ricerca e di modelli di propagazione acustica atti a permettere misurazioni scientifiche di livello adeguato alla mitigazione del problema.

Il NATO Undersea Research Centre

Questo Centro, già noto come Saclantcen, poi divenuto NURC (Nato Undersea Research Centre), oggi CMRE, nel 2006 pubblicava il Documento:

NURC-SP-2006-008 – Regole e procedure per la mitigazione del rischio per i subacquei umani e i mammiferi marini del Centro di ricerca sottomarina della NATO

Nella prima pagina del documento si legge:

“Il progetto NATO Marine Mammal Risk Mitigation ha come obiettivi lo sviluppo di protocolli di mitigazione del rischio, strumenti informatici e apparecchiature immergibili per fornire mitigazione del rischio di emissioni sonar o di altre apparecchiature rumorosi durante le esercitazioni navali in modo da evitare conseguenze negative a subacquei umani e specie animali marine.”

All’inizio di questo progetto non esistevano banche dati complete e sistematiche di avvistamenti di mammiferi marini e spiaggiamenti di cetacei del Mar Mediterraneo, ma il NURC, essendo consapevole della eccezionale circostanza di riunire sotto il suo controllo le più sofisticate e moderne apparecchiature di scoperta sottomarina, gestite da tecnici specializzati al servizio di personale scientifico atte ad analizzare le propagazioni sonore sottomarine, pensò di poter essere in grado di iniziare, in collaborazione con varie nazioni e organizzazioni europee, la raccolta standardizzata e geo-referenziata di spiaggiamenti e avvistamenti di cetacei nell’ambito del progetto “Marine Mammal Risk Mitigation” del NATO Undersea Research Center (NURC).

Questi dati, integrati con nuove informazioni raccolte durante le prove in mare del NURC e dati “estratti” da documenti storici, fornirono le informazioni di base sulla presenza di cetacei, mediante i primi strumenti informatici di geo-localizzazione (GIS) nell’ambito del progetto “Marine Mammal Risk Mitigation”. Anche se queste specie viaggiano velocemente negli oceani alla ricerca di cibo, la geo-localizzazione permetteva di redigere le prime mappe, sviluppando nel contempo una capacità di previsione della densità dei cetacei e la creazione e la valutazione di procedure e strumenti di mitigazione del rischio acustico sia per gli scopi dei ricercatori NURC e sia dei comandanti di Unità Militari con fonti di emissione sonora elevata come parte delle loro operazioni (sonar, esplosivi, ecc.).

Si arrivò in questo modo alla definizione di protocolli e procedure di mitigazione del rischio da adottare da parte del NURC sin da subito. La versione aggiornata delle NURC Staff Instruction 77 (SI-77) venne distribuita ufficialmente a tutte le Marine della Nato. Man mano che nuove informazioni divenivano disponibili dalla continua ricerca del Marine Mammal Risk Mitigation Project e da altre fonti documentate, queste procedure venivano rivalutate e modificate a seconda dei casi.

Per quello che riguarda i livelli sonori ammissibili, sono entrate subito in vigore le seguenti determinazioni che si riportano per poi confrontarle con quelle attualmente in vigore.

“Il livello sonoro nel punto di ricezione non deve superare i seguenti livelli (re 1μPa):

Per i piccoli odontoceti: Frequenze – 3 kHz 186 dB, Frequenze 3 – 20 kHz 181 dB, Frequenze 20 – 75 kHz 178 dB. Misticeti e Grandi Odontoceti: Frequenze _ 100 kHz 160 dB

Per quanto riguarda la durata delle trasmissioni sonar, la massima continuativa inferiore a 100 s, con ciclo di lavoro inferiore al 20% ed una esposizione totale cumulativa massima di 3 ore in 24 ore. Per quanto possibile, la zona di sicurezza, soggetta a livelli di rumore più elevati, deve essere monitorata durante l’esperimento.”

Durante queste ricerche fu determinato per la prima volta il comportamento dello Zifio (Ziphius Cavirostris) e ci fu il sospetto che data la sua velocità di risalita, una delle cause degli spiaggiamenti potesse essere un effetto simile alle “curve” di risalita nei subacquei umani quando, in preda al panico o spaventati dai sonar, tendano a risalire in superficie più̀ velocemente di quanto l’azoto possa essere rimosso dalle cellule adipose e dal sangue.

Per evitare ogni tipo di questi rischi furono presi provvedimenti sia formali, attraverso procedure standard obbligatorie, sia sostanziali, attraverso misure continue dell’habitat di lavoro.

Tra le misure più importanti che si leggono dai manuali vi furono:

<<

  • prendere in considerazione l’invito di osservatori indipendenti a bordo che registrano ed annotano gli eventi tenendo conto delle considerazioni di sicurezza. (dall’ adozione della Norma furono sempre presenti, nota del redattore);
  • valutare i livelli di emissione della sorgente sonora necessari per soddisfare gli obiettivi scientifici;
  • preparare grafici orizzontali e verticali che mostrino i livelli di rumore in relazione alla distanza in base alla propagazione/previsione del suono;
  • aumentare la consapevolezza dei partecipanti fornendo informazione visiva e acustica, registrazioni audio, video, ecc., prima delle operazioni;
  • includere una sezione nel brief pre-crociera sulle precauzioni da prendere;
  • ridurre al minimo le operazioni del sonar durante la notte;
  • pianificare le tracce e le operazioni per fornire vie di fuga ai mammiferi ed evitare l’accompagnamento;
  • evitare le zone chiuse e le zone costiere con una topografia del fondale marino complessa e ripida;
  • riflettere i risultati di ESS e il riepilogo delle attività di pianificazione nel Piano di prova.

Tutto quanto sopra veniva ampiamente corredato da modulistica ufficiale che registrava ed annotava avvistamenti, eventuali incidenti e misure di protezione adottate.

>>

Il progetto “SIRENA”

A seguito di questo protocollo le attività tecnico scientifiche non si sono fatte attendere.

Sono state effettuate indagini in mare per fornire informazioni di base sulla presenza, la distribuzione e il comportamento acustico dei mammiferi marini nel Mar Ligure (Santuario dei Cetacei).

Le indagini acustiche e visive combinate sono state effettuate principalmente durante la serie di crociere annuali “SIRENA” organizzate da NURC nell’ambito del Progetto SOLMAR.

Il monitoraggio acustico con cortine idrofoniche trainate (e all’uopo costruite dai tecnici del NURC), è stato eseguito 24 ore al giorno per studiare i modelli acustici e per fornire supporto al progetto del Wood’s Hole Oceanographic Institution (WHOI-Falmouth, Boston) di incollare una etichetta elettronica ai capodogli per seguirne le abitudini.

Il sistema è stato migliorato con funzionalità di tracciamento Geographic Information System (GIS) per fornire mappe in tempo reale dei contatti acustici. I database (incagliamenti, avvistamenti, contatti acustici, letteratura) sviluppati all’interno di SOLMAR sono stati continuamente aggiornati. Allo scopo di diffondere ed armonizzare le procedure e mettere a disposizione dei colleghi del settore i preziosi dati raccolti, si è pensato di farli confluire nel 4° Workshop internazionale sulla rilevazione, classificazione e localizzazione dei mammiferi marini mediante l’uso dell’acustica passiva e del 1° Workshop internazionale sulla stima della densità dei mammiferi marini mediante l’acustica passiva, tenutosi all’Università di Pavia, dal CIBRA, il Centro Interdisciplinare per la Bioacustica e la Ricerca Ambientale nel settembre 2009.

Sono state rese disponibili online tre serie di registrazioni subacquee per incoraggiare i ricercatori a lavorare su serie di dati comuni, a concentrarsi sugli stessi problemi, a trovare soluzioni originali e a presentarle e confrontarle durante il workshop.

Anche i ricercatori che lavoravano sui set di dati proprietari hanno presentato i loro risultati.

Il workshop è stato il primo di una nuova serie di incontri scientifici per riunire ricercatori che lavorano alla stima della densità assoluta o dell’abbondanza delle popolazioni di mammiferi marini utilizzando l’acustica passiva.

Il Progetto NEMO ONDE

Ma le occasioni per un approccio duale scientifico e militare non erano ancora finite.

Nel quadro del progetto Nemo, l’Istituto Nazionale Energia Nucleare (INFN) nei Laboratori del Sud aveva iniziato la progettazione della stazione NEMO (NEutrino Mediterranean Observatory) dell’INFN, rivolto allo studio e alla rivelazione sottomarina di neutrini di altissima energia, per il rilevamento di microparticelle provenienti da altre galassie. Essendo queste particelle cariche di elevata energia al contatto con la materia emettono dei fotoni che però possono essere confusi con la normale fotoluminescenza. Ecco perché occorre posizionare il laboratorio nelle cavità abissali marine. Un primo esperimento è stato effettuato nella stazione pilota sottomarina di rilevamento dei neutrini al largo di Catania a 2500 metri di profondità. Il NURC, per la sua esperienza nel campo degli ancoraggi sottomarini, è stato chiamato come consulente per coadiuvare il team nella progettazione e realizzazione delle prime stazioni di fotomoltiplicatori che avrebbero dovuto occupare, a fine progetto, un KM3 di sensori. Il software “Gonogo” ha dimostrato di essere molto efficace nel migliorare i componenti dell’ingegneria oceanica e l’affidabilità del sistema. (L. Gualdesi, Elsevier 2006). Infatti l’Ing. Riccobene, responsabile di molti aspetti della realizzazione del progetto, si avvalse delle camere iperbariche del NURC per collaudare importanti componenti della stazione simulando la pressione operativa prima del loro dispiegamento a mare. Forse stimolato dalla presenza di una biforcazione della stazione (NEMO_SNI) dedicata agli esperimenti di geofisica dell’INGV (Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia) e dalle rilevazioni sui cetacei del NURC con il Prof. Pavan, l’INFN diede il via a un progetto di rilevazione acustica. Fu necessario far sviluppare idrofoni capaci di captare le bassissime frequenze, ma dopo una accurata selezione, all’interno del Progetto NEMO è stata realizzata una stazione acustica sperimentale a grande profondità, chiamata OvDE (Ocean Noise Detection Experiment), per misurare il rumore acustico sottomarino. Tale stazione è stata installata nel 2005 a 2000 m di profondità 21 km al largo di Catania. (Pavan et al., 2006; Pavan et al., 2007). Essa è stata connessa al laboratorio di terra (INFN – LNS) tramite cavi elettro-ottici per poter effettuare un monitoraggio real-time ed è stata operativa dalla fine di gennaio del 2005 a novembre 2006 e per 314 giorni ha raccolto un totale di 7359 files, che sono stati ascoltati, classificati e analizzati. L’esperimento ha trovato un’inaspettata presenza di animali poiché il 58% dei giorni conteneva almeno un individuo (Zardin et al., 2011).

Dal punto di vista di questo documento, l’ esperimento dei due scienziati Giorgio Riccobene e Gianni Pavan rappresenta un eccezionale esempio di sinergia multidisciplinare in quanto i risultati delle analisi dei dati portarono l’INFN a concludere che il temuto rumore di fondo, anche a 2500 metri, era presente ed andava filtrato con opportuni modelli, mentre per Gianni Pavan il poter contare i “click” generati dall’attività dei capodogli a quelle profondità rappresentava la possibilità di affermare che le normali rilevazioni in superficie davano una densità di popolazione completamente sottostimata. L’analisi degli IPI (Inter Pulse Interval) risultava infatti particolarmente promettente per delineare il comportamento della popolazione e effettuare comparazioni qualora si fosse potuto ripetere in futuro un monitoraggio a lungo termine.

Dalle registrazioni si osservò un rumore di fondo basso e uniforme, causato principalmente dal movimento naturale dell’acqua e dal traffico delle navi, oltre a occasionali raffiche di suoni identificabili: l’elica di una grande nave e impulsi sonar. Ma il grande successo tecnologico fu rappresentato dal distinguere brevi sequenze ripetute regolarmente di “click“, i suoni distintivi prodotti dai capodogli che comprimono l’aria attraverso il loro sistema respiratorio. È il loro sistema di sonar per stimare la profondità e per localizzare la preda. Si sapeva già che questi suoni possono viaggiare fino a 20 chilometri nell’acqua, ma non ci si aspettava una messe di dati tanto ricca da poter arrivare a correlare i valori misurati, con la taglia ed il sesso dell’animale. Viene da chiedersi se le tecniche di elaborazione di segnale degli specialisti del NURC siano intervenute all’ epoca a determinare persino la posizione dell’ animale e la sua traiettoria, ma sicuramente il venire a conoscere quanto profondamente si avventurino queste specie e possedere tecniche predittive basate su modelli acustici, che correlano il click diretto e quello riflesso sulla superficie del mare, costituiscono un preziosissimo strumento di prevenzione per l’ annoso e ancora non risolto problema delle collisioni con il traffico marittimo. Ma le scoperte effettuate tramite questa installazione sottomarina non sono finite. Gli oceanografi, analizzando i dati dei loro sensori associati alla piattaforma NEMO hanno mostrato per la prima volta che esistono dei vortici abissali alle profondità di 2500 metri. I vortici sono catene quasi inerziali che ruotano in senso ciclonico ed anticiclonico in modo pulsante. La presenza di tali vortici aggiunge ulteriore complessità alla discussione sulla struttura e l’evoluzione delle masse d’acqua nel Mediterraneo Orientale e, anche se di origine ignota, dimostrano la fecondazione incrociata tra le discipline (Abyssal undular vortices in the Eastern Mediterranean basin, Rubino et al., © 2012 Macmillan). Dopo tre anni fu possibile una ulteriore sinergia tra discipline perché dall’ analisi di esperti di idrati e tecnologie associate fu formulata l’ipotesi di una origine geofisica dei vortici. Sembra trattarsi di vortici indotti dalla dissociazione di idrati di gas naturale. Tale dissociazione sarebbe originata dal progressivo riscaldamento del Mediterraneo (A. Barnard, M. D. Max, L. Gualdesi – Submarine vortices derived from natural gas hydrate conversion: a mechanism for ocean mixing, Copyright HEI, 2015). Una correlazione tra queste risalite vorticali e la ricerca di cibo dei cetacei è per ora ancora nel regno della fantascienza.

E si giunge quindi alla Direttiva Europea

DIRETTIVA 2008/56/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 17 giugno 2008 che istituisce un quadro per l’azione comunitaria nel campo della politica per l’ambiente marino (direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino)

“Le acque marine soggette alla sovranità e alla giurisdizione degli Stati membri dell’Unione europea includono le acque del Mar Mediterraneo, del Mar Baltico, del Mar Nero e dell’Oceano Atlantico nordorientale, comprese le acque intorno alle Azzorre, a Madera e alle Isole Canarie.

È evidente che le pressioni sulle risorse marine naturali e la domanda di servizi ecosistemici marini sono spesso troppo elevate e che la Comunità ha l’esigenza di ridurre il suo impatto sulle acque marine, indipendentemente da dove si manifestino i loro effetti.

L’ambiente marino costituisce un patrimonio prezioso che deve essere protetto, salvaguardato e, ove possibile, ripristinato al fine ultimo di mantenere la biodiversità e preservare la diversità e la vitalità di mari ed oceani che siano puliti, sani e produttivi.
A tale proposito la direttiva dovrebbe, fra l’altro, promuovere l’integrazione delle esigenze ambientali in tutti gli ambiti politici pertinenti e costituire il pilastro ambientale della futura politica marittima dell’Unione europea.

In conformità della decisione n. 1600/2002/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 luglio 2002, che istituisce il sesto programma comunitario di azione in materia di ambiente (4), è stata sviluppata una strategia tematica per la protezione e la conservazione dell’ambiente marino volta a promuovere l’uso sostenibile dei mari e la conservazione degli ecosistemi marini.

È opportuno orientare lo sviluppo e l’attuazione della strategia tematica verso la preservazione degli ecosistemi marini. Tale approccio dovrebbe includere le aree protette e riguardare tutte le attività umane che hanno un impatto sull’ambiente marino.

L’istituzione di zone marine protette, comprendenti zone già designate o da designare nella direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (5) (di seguito «direttiva Habitat»)… e negli accordi internazionali o regionali di cui la Comunità europea o gli Stati membri interessati.”

Che cosa fa l’Italia

L’ Italia si dota di un esauriente documento, basato sui più recenti studi circa le varie sorgenti di rumore antropico esistenti in mare, già̀ dal 2011.

Si rimandano gli esperti a tale documento per un approfondimento delle tematiche dal punto di vista teorico e rigorosamente scientifico.

Sono presenti infatti nei due cospicui volumi tutti i maggiori tipi di emissione sonora in acqua di origine antropica, gli effetti sulle specie e criteri di mitigazione.
(Junio Fabrizio Borsani, Cristina Farchi – Linee guida per lo studio e la regolamentazione del rumore di origine antropica introdotto in mare e nelle acque interne (ISPRA,2011).

Per quanto riguarda i provvedimenti circa il rumore irradiato dalle navi, la competenza è dell’IMO (International Maritime Organization) che ha emesso le “GUIDELINES FOR THE REDUCTION OF UNDERWATER NOISE FROM COMMERCIAL SHIPPING TO ADDRESS ADVERSE IMPACTS ON MARINE LIFE, MEPC.1/Circ.833 7 April 2014”, che contengono raccomandazioni circa la progettazione di eliche, scafi e apparati motori più silenziosi, ma senza fornire suggerimenti tecnici di dettaglio e limiti sonori imposti caso per caso.

Anche a questo proposito la NATO potrebbe suggerire come si è potuta realizzare la nave più silenziosa del mondo: la Nave da ricerca NRV Alliance, oggi incorporata nel naviglio da ricerca della Marina Militare. Ma la storia di questa nave meriterebbe un articolo a parte.

Lavinio Gualdesi