Storie vecchie e nuove di una viaggiatrice

Recensione

di Lavinio Gualdesi

MARENGO B., Levante o giù di li, Casa Editrice el squero, Venezia, 2022, 256 pagine 

Per circostanze fortuite sono entrato in possesso di un libro che ritengo che i lettori di O.Me.G.A. apprezzeranno di certo. Ma per una volta permettetemi di non parlare di Scienze Ambientali Marine perché, pure essendo uno strenuo fautore della professionalità necessaria per affrontare tutti i mestieri, mi accingo a questa ardua impresa di presentare e commentare un libro di storia, anche se non sono un critico letterario, tantomeno un giornalista ed ancor meno uno storico.

Però nessuno può negarmi il titolo di marinaio. E come marinaio voglio rendere una singolare testimonianza alla scrittrice di questo romanzo: il messaggio che ha messo nella bottiglia e lanciato nel Mare Nοstrum io l’ho raccolto, l’ho letto con interesse e mi ha procurato quelle emozioni che solo la gente di mare conosce bene.

Quello che colpisce immediatamente è l’atmosfera che si viene subito a creare in ciascun capitolo per effetto del racconto eseguito in prima persona dai personaggi, che vivono intensamente il momento storico e forniscono una lettura che ne mette a nudo gli stati d’animo in una forma così personale che, quello che potrebbe essere considerato un mero artifizio letterario, si trasforma in una occasione preziosa per la descrizione di ciascun periodo della vita mediterranea dal sapore diretto ed autentico. Ma non provateci se non avete respirato l’aria di quei luoghi e approfondito le ricerche.

Ci sembrerà allora di aver sempre conosciuto Sinan, l’architetto del Sultano, che si muove in un mondo di bizantini, crociati, mongoli, armeni nel crocevia mondiale di Istanbul.

Questa meravigliosa città del Bosforo, dove l’autrice ha abitato e che conosce bene, popolata nella storia da circassi, armeni, bizantini croati e bulgari narra anche di harem ed eunuchi.

La storia di Sinan, che ha perfino esplorato antiche vestigia di archeologia Ittita, conquistata la fiducia di Solimano, si articola tra prestigiose realizzazioni di architettura ottomana mentre quasi in sordina sullo sfondo si ha il modo di vivere indirettamente la battaglia di Lepanto.

La storia è sempre presente nella avvincente narrazione, ma lungi dall’essere una colta esposizione di eventi soggetti ad analisi, che la profonda cultura dell’autrice le permetterebbe, si snoda dinamica filtrata dalla visione personale del personaggio che la sta vivendo.

E così ci sorprendiamo a vivere con Sinan una sottile e inconfessabile invidia nei confronti dei contemporanei Palladio e Michelangelo, che potendosi esprimere con arti figurative a lui vietate dall’Islam, contribuiscono a conferire autenticità al personaggio dando nel contempo sempre indirettamente una descrizione più ampia dei fasti del tempo.

Un altra pennellata che abbraccia un vasto periodo di arte mediterranea si potrebbe esprimere con una domanda: – Che ci fa un ponte ispirato da Leonardo da Vinci ad Istanbul?- Nel capitolo nel quale questa domanda trova risposta, la tecnica di personalizzare gli eventi trova un’altra brillante applicazione. Vi lascio il gusto della scoperta.

Ma occorre spaziare in tutto il Mediterraneo e lungo la sua ricca storia per arrivare sulla costa nordafricana dove nasce il “Corriere di Tunisi”: un giornale mediterraneo fondato da Elia Finzi e oggi diretto dalla figlia Silvia, che pubblicava i suoi articoli in un periodo in cui era la Tunisia a ricevere l’emigrazione italiana di personaggi politicamente scomodi durante i nostri moti rivoluzionari.

E così nascono le memorie italiane in Tunisia.

Pittori, architetti, gente di teatro, artigiani, esperti di cucina, scrittori e poeti trovano eco in libri che descrivono una parte della storia italiana che oggi si tende a dimenticare.

“Una storia che dimostra come il Mediterraneo nel bene e nel male è unito da mille fili ancorato alle diverse latitudini delle sue rive.” come si legge nel libro.

Un’altra cosa che i critici non fanno è parlare dei rapporti personali con l’autrice, ma non essendo un critico, posso rivelare che un giorno a Venezia al Circolo Ufficiali ho mancato una sua conferenza sulla nostra Patrona Santa Barbara. Ero ad un’altra conferenza in città, ma quando mia moglie mi ha informato, le ho chiesto se volesse ripetere la conferenza al Circolo Ufficiali della Spezia. Ho avuto modo in quell’occasione di comprendere come la storia della nostra Patrona sia intimamente legata con la storia della Serenissima che l’autrice conosce profondamente. La Repubblica di Venezia è la grande protagonista della storia mediterranea.

E un capitolo tecnico è dedicato a Pietro Bembo. Non solo perché il palazzo Bembo affaccia su Rialto, ma perché mentre la stampa delle Bibbie, tutte uguali, invadeva l’Europa di Gutemberg, Aldo Manunzio, il tipografo che ha inventato i caratteri mobili, permetteva al Bembo di allargare la popolazione dei lettori, diremmo oggi. Come anche oggi definiremmo il Bembo un esperto di “lettering” per aver inventato il carattere denominato “bembo”. Ancora una volta l’atmosfera di profonda trasformazione del tempo attraverso la più vasta diffusione della stampa fino ad allora riservata solo alle elìte della cultura, viene descritta attraverso queste note di colore personali.

Sconfino ancora una volta in considerazioni poco professionali e molto personali rivelando che il successore di Pietro Bembo, che si chiama Paolo, ha pubblicato un volume sul noto pittore Rudolf Claudus. Veramente questo pittore è particolarmente caro ai marinai perché i suoi quadri popolano le fredde pareti dei locali istituzionali della Marina Militare. Il libro è corredato di nozioni storiche sulla vita di Claudus (ricavate da ricorsi ed aneddoti di suoi amici e conoscenti), alcune di esse integrate da una visione in dettaglio di particolari, ancora una volta grazie alle quali il lettore riesce quasi a percepire come il mare abbia una forza capace di svegliarsi improvvisamente e sfidare la forza e a volte la disperazione di questi marinai protagonisti dei dipinti.

Mi si perdoni l’accostamento tra i “tipi” di Pietro ai quadri di Paolo, ma la tecnica di descrivere sentimenti e circostanze attraverso l’intensità del messaggio artistico fornisce uno spontaneo accostamento.

Concludo sottolineando che anche quando la situazione storica e di costume da riferire comprende immagini forti e sentimenti fortemente dolorosi la narrazione resta colorata di toni pastello e filtrata dalla percezione autentica del protagonista.

Ed ecco che Giovanni Occhiali, marinaio calabrese di Le Castella, viene catturato e finisce sulle galere ottomane. Qui la descrizione si fa intensa e si respira il salmastro dei legni, il sudore, la fatica a volte il sangue, ma subito appare il riscatto dell’uomo di mare che risalendo il punto più abissale della sua vita, la conversione all’Islam, finisce per diventare addirittura il comandante del corno sinistro della flotta turca alla battaglia di Lepanto.

Grazie ad evidenti doti diplomatiche trasforma la colpa di essere l’unico comandante sopravvissuto alla sconfitta in una qualità professionale.

Il dramma interiore per aver rinnegato la fede cattolica a favore dell’Islam si fa intensissimo quando tornando a Le Castella e cercando di farsi perdonare da sua madre viene da lei inesorabilmente respinto.

Non c’è bisogno di usare quadri a tinte forti per descrivere un dolore immenso.

Basta riuscire a dare credibilità ed autenticità alla descrizione psicologica del personaggio, che visto dal di dentro, offre automaticamente un quadro del mondo mediterraneo storicamente ineccepibile, ma anche ricco di particolari d’ambiente che richiedono uno studio analitico del luogo come anche del periodo.

Per me resta un mistero come faccia l’autrice a farmi vivere queste storie sentendo il vento che mi sferza la faccia, l’odore della canapa e del catrame e gli scricchiolii del fasciame del vascello mentre batte l’onda, senza neanche nominarli. L’introspezione nell’animo del personaggio ha in ciascuno di noi la capacità di evocare il proprio vissuto attraverso la descrizione del particolare.

Sullo sfondo di tutto splendono i fasti della Serenissima, ma anche qui, sempre mediante una discreta presenza, colta e circostanziata da studi approfonditi e ricchi di particolari.

La piccola selezione di capitoli da me effettuata dà solo una idea parziale della ricchezza di fatti e circostanze analizzate da questa ricchissima e coltissima opera.

Perciò vi lascio la sorpresa di scoprire gli altri personaggi disseminati per il Mediterraneo nel tempo e nello spazio che l’autrice ci racconta. Tante anche le donne dipinte dall autrice.Quindi tutti a bordo, rotta 090, per “Levante o giù di li”.

Lavinio Gualdesi

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