L’ORO BLU

di Enrico La Rosa

22 marzo, giornata mondiale dell’acqua. Se n’è parlato tanto (ma non troppo!), abbiamo letto considerazioni sagge e tante banalità.

A distanza di qualche giorno anche <omeganews.info> vuol dire la sua tenendosi il più possibile su un piano scientifico e numerico e, quindi, facilmente comprensibile.

Tra il 2011 ed il 2018 il giornale ha pubblicato una serie di articoli sulla geopolitica dell’acqua, centrati su aspetti specifici, che riproporremo prossimamente in quanto crediamo che i rispettivi contenuti mantengano intatto il loro valore, tanto da poter essere ancora considerati sostanzialmente “attuali”.

Infatti, i dati statistici generali contenuti in questo documento non sono recentissimi, sono aggiornati al 31 gennaio 2008. Ma si ha motivo di credere che la realtà di oggi sia ancora più degradata di quella qui rappresentata.

Per inquadrare la materia non si risale oltre a quanto documentato dalle NN.UU. nel Rapporto annuale del 2006: la gestione dell’acqua è un problema tecnico e politico di enorme portata e gli impianti di approvvigionamento idrico rappresentano la più importante delle reti infrastrutturali: meno della millesima parte delle risorse idriche terrestri è potabile e disponibile per l’uomo, quantità, tuttavia, teoricamente sufficiente per tutta la popolazione mondiale in presenza di una efficiente distribuzione e di un consumo equo. Quanto alla disponibilità dell’acqua sul pianeta, un autoctono dispone di 80.000 m3 ogni anno in Oceania, 3.000 in Asia, 5.000 in Europa, 6.000 in Africa. Ma un africano non riceve più acqua potabile di un europeo, e ciò a causa dell’inesistenza di risorse economiche e tecnologiche in grado di garantire alle popolazioni un adeguato accesso alla sua fruizione.

Nel mondo una persona su cinque non dispone di acqua igienicamente sicura e metà dell’umanità non è servita da una rete di distribuzione adeguata.

Nei PVS (Paesi in Via di Sviluppo, termine desueto) oltre 1.400 milioni di persone non hanno accesso all’acqua potabile e oltre 2 miliardi e 400 milioni non hanno servizi sanitari in casa.

Ogni anno 3-4 milioni di persone nei PVS muoiono di malattie trasmesse attraverso acqua non pulita, tra cui almeno 2 milioni di bambini.

26 paesi africani e mediorientali, dove vivono 230 milioni di persone, sono in condizioni di scarsità d’acqua e ben 80 stati del mondo, corrispondenti al 40% della popolazione mondiale, sono toccati dalla crisi idrica.

Entro 20 anni si prevede che altri 25 Paesi (molti dei quali europei) saranno nelle stesse condizioni. Anche in Europa, infatti, come in Africa, le zone aride sono in fase di espansione. L’attuale situazione di crisi idrica è il frutto innanzitutto dell’esplosione demografica verificatasi nel ‘900.

Un altro fattore è la distruzione della metà degli ecosistemi di acqua dolce del pianeta, comprese le falde acquifere sotterranee, determinata dall’urbanizzazione crescente dei territori.

Ma è la crescita dell’economia mondiale a incidere in modo ancor più rilevante sulla rarefazione delle risorse idriche. Agricoltura, industria, industrie cartarie, centrali nucleari, industrie chimiche e alimentari sono le principali cause di questo tragico disastro planetario.

Nel 2002 il Comitato dei diritti umani, civili e sociali delle Nazioni Unite è intervenuto per affermare che l’accesso all’acqua è un diritto umano universale ed il Rapporto annuale è stato dedicato nel 2007 alla risorsa “acqua”: «L’acqua fra potere e povertà».

Il calo di disponibilità delle risorse idriche ha determinato negli ultimi anni la tendenza a trasformare l’acqua in una sorta di «oro blu», merce rara il cui prezzo ha registrato un costante aumento del 9% su base annua (2003-04).

Sono inoltre sempre più numerosi i conflitti economici e politici, e in parte militari, che sorgono nel mondo per il controllo delle risorse idriche: l’Africa ha un elevato numero di corsi d’acqua – fiumi e laghi – condivisi tra più stati in forte crescita demografica e con aumentato fabbisogno idrico; ne consegue lo scatenarsi di lotte per il controllo delle fonti.

Anche nel nostro bacino, a parte il caso del contrasto tra Darfur, Egitto, Eritrea ed Etiopia per la regolamentazione delle acque del Nilo, sono fonte di preoccupazione e di futuri attriti le dighe turche sull’Eufrate con calo del flusso dei fiumi e forti danni all’agricoltura di grandi regioni (Mesopotamia). Assume alta valenza geopolitica anche l’acqua del Libano, del lago di Tiberiade, a causa dell’approvvigionamento da parte di Israele con una generosa condotta per sostenere l’alto consumo israeliano. Le falde acquifere libanesi, i torrenti che alimentano il Giordano, in particolare le fonti di Shaba sono fattore essenziale dell’attrito locale (Palestina, Israele, Libano, Siria) poco distante dall’area su cui insiste l’acqua dell’Eufrate intercettata dai Turchi a danno di Siria ed Irak: si può facilmente immaginare a cosa si riferisse Hezbollah quando proclamava di volere riguadagnare il territorio nazionale fino all’ultimo centimetro! Le fonti d’acqua costituiscono una delle principali cause dell’attrito esistente nell’area. Attrito serpeggiante da diversi decenni e che, periodicamente, in presenza di occasionali detonatori, genera conflitti.

Enrico La Rosa