La Turchia di oggi

Alcune considerazioni scarsamente evidenziate dai media a maggiore diffusione

di Luigi Maccagnani

Si legge spesso di Turchia, principalmente delle iniziative internazionali del Presidente Erdogan, che persegue con determinazione e disinvoltura quello che sembra un obiettivo “sultanesco”, o una ripresa di influenza ottomana: le azioni a noi più evidenti nel Mediterraneo sono la posizione in Libia e le prospezioni petrolifere nell’Est con evidenti forzature nella definizione delle Zone Economiche Esclusive che tanto irritano Grecia, Cipro ed Israele, eventi su cui molto è stato scritto. Ma non solo, ci sono state interferenze anche in Algeria, poi recentemente un avvicinamento su Malta, a parte l’ingresso in Italia con il porto di Taranto ed una penetrazione in Sicilia.

Ma scarso peso è normalmente dato a quanto succede in Turchia, nel paese stesso.

Una estrema sintesi sul principale protagonista: Recep Tayyp Erdogan

Nato in Turchia, nel quartiere di Kasimpasa, alla periferia di Istambul, nel 1954

Dal 1994 al 1998 è stato sindaco di Istambul

Nel 2001 ha fondato il Partito “Justice and Development Party” – AKP, di radice islamica

Dal 2003 al 2014 è stato Primo Ministro della Turchia, 

Dal 2014 è Presidente della Turchia

Alcuni dati

Investimenti Diretti da Società Estere (Foreign Direct Investment)

Secondo il World Investment Report 2020, della Conference on Trade and Development delle Nazioni Unite (UNCTAD), il Foreign Direct Investment in Turchia si è ridotto in maniera significativa a partire dal 2019; UNCTAD presume sia dovuto ad un problema di “fiducia” nel paese oltre che da una incertezza globale dovuta alla pandemia. Il valore totale degli stock relativi ai FDI è comunque sceso dai 188 miliardi di USD nel 2010 ai 165 miliardi nel 2019.

Foreign Direct Investment                 2017               2018              2019

FDI Inward Flow (milioni di USD)   11.020             12.981             8.434

Disoccupazione attuale

I numeri sono ballerini, variano da 12,5 a 17 %, ma vengono annoverati solo quelli che cercano attivamente lavoro, chi da tre anni ha rinunciato non viene considerato disoccupato

Turismo

Praticamente azzerato, ma chiaramente è un settore fortemente influenzato dalla pandemia (da notare comunque che PIL e cambio della valuta avevano iniziato a oscillare prima dell’insorgenza della pandemia)

Il rapporto Turchia di Erdogan con il Qatar

Significativo il rapporto tra i due Paesi, si ricorda che il Qatar è stato – ed è – il maggiore finanziatore del movimento Fratelli Musulmani nell’area MENA, determinante ad esempio nella crisi libica iniziata – nell’assenza totale del mondo occidentale – nel 2013/14 e che ha poi portato agli (dis)-accordi di Skirat ed alla nascita del GNA. 

Turchia e Qatar sono entrati in una relazione strategica nel 2014, all’inizio della presidenza di Erdogan, con un accordo sulla sicurezza, con il dislocamento in Qatar di 3000 militari turchi e varie unita navali ed aeree. 

Quando il Qatar è stato isolato dal Consiglio di Cooperazione del Golfo, Erdogan lo ha aiutato inviando numerosi cargo carichi di beni essenziali; l’aiuto è stato ricambiato nel 2018 quando le sanzioni americane hanno causato il crollo della lira turca ed il Qatar ha investito 15 miliardi di dollari nelle banche e mercato finanziario della Turchia.

(vedere Marco Orioles – Tutte le sintonie tra Turchia e Qatar)

La situazione politica attuale della Turchia

Si fa riferimento ad un articolo di Daniele Santoro sul numero 7/2020 di Limes: è l’idea che guida il turco (pag. 185). L’articolo dà una caratterizzazione del popolo turco, per il quale è determinante il concetto di “vatan” – patria, piuttosto che il beneficio individuale, come derivato dalla storia di questo popolo.

Non fuori luogo un articolo pubblicato il 12 agosto u.s. da El Ahram, il principale quotidiano in lingua inglese del Cairo, sul problema delle prospezioni petrolifere della Turchia in Est Mediterraneo: “Turkey Med row over prestige, not gas”.

Di fatto, sebbene il consenso sul partito islamista di Erdogan sia un po’ ondivago, ed una opposizione dai partiti laici sia più attiva, non si vede un imminente problema per il presidente.

Da vedere cosa potrà accadere se le prossime elezioni generali verranno mantenute alla data programmata, nel 2023.

Nel 2023 Erdogan potrebbe dover affrontare due questioni: la prima più formale: il centenario dalla fondazione della Repubblica “laica” di Kemal Ataturk, la seconda – più sostanziale – l’esperienza elettorale che i giovani della “generazione Z”, quelli che hanno vissuto tutta la loro vita con internet, e con internet una visione del mondo, e che nel 2023 l’affronteranno -per la prima volta nella loro vita.

Riferimento viene fatto ad un articolo di Ylmaz pubblicato da Hurriyet Daily News il 12/8 u.s. “Generation Z to hold key to Turkey’s future as milions of new voters set to cast ballots in 2023 polls”.

L’articolo sintetizza il risultato di una indagine demoscopica condotta dal City Politics Center dell’università di Istambul. Generation Z rappresenta il 39% della popolazione turca, il 20% di loro voterà per la prima volta nelle elezioni generali del 2023, circa 5 milioni di giovani: avranno lo stesso atteggiamento rispetto alla tradizione? Al senso di “vatan” come sequenza della storia antica?

Secondo il conduttore dell’indagine i giovani della Gen Z “do not care about the past Turkey”, “Gen Z does not see the state as their father”, ma come una istituzione che garantisca il benessere.

Sempre secondo l’indagine, il 23% dei giovani non è particolarmente interessato alla politica, solo il 10% è vicino alla religione, il 78% dice di giudicare i fatti, e le loro priorità sono educazione ed il sistema giudiziario.

Un giovane di 19 anni: “non mi interessa il credo religioso delle persone, giudico dalla loro coscienza, non religione”.

Un sedicenne: “Chi non mi rispetta, non rispetta il mio stile di vita o le mie scelte, non può aspettarsi il mio rispetto reciproco”.

In sintesi: la Gen Z voterà per chi pensa possa garantire loro un futuro migliore.

Luigi R. Maccagnani