Crisi e Pianificazioni

di Giovanni Ferrari e Ferruccio Di Paolo

Continuiamo sul filo del ragionamento iniziato con il precedente articolo (http://www.omeganews.info/?p=4486). Mettiamoci d’accordo su cosa sia una crisi. Una parola che, al solo sentirla, trasmette un’idea di pericolo e precarietà, utile per sentire a pelle la situazione che si vive, ma che può essere utilizzata sia nel linguaggio comune, che in quello più tecnico, con diverse interpretazioni.

Se un amico o amica vi dice che sta vivendo una crisi sentimentale, se il telegiornale parla della crisi finanziaria di un’azienda importante, se parlando in famiglia dite che siete in crisi perché non sapete decidere se accettare una nuova proposta di lavoro, in tutti questi casi il significato della parola è chiaro. Ci sono molteplici fattispecie per le quali può ingenerarsi una crisi. 

Situazioni critiche, o suscettibili di esserlo, afferiscono non solo alla vita di tutti i giorni delle persone, ma anche a quella delle strutture sociali organizzate. Noi per i nostri eventi personali, chi dirige le strutture sociali per i macro-eventi, tendiamo a capire che siamo in crisi perché, semplicemente, non sappiamo cosa fare, non ci viene in mente, perché non la conosciamo, una strada sicura per risolvere la situazione.

Una crisi, oltretutto, non è sempre lampante, immediata e riconoscibile. Ci possono essere situazioni che si presentano all’inizio come normali, cose note e già affrontate, cose che rientrano nelle nostre personali capacità, sia come persona, sia come organizzazione.

Ad esempio, entrando nelle attività istituzionali: un incendio in una villetta tra molte villette in una qualunque periferia cittadina. I Vigili del fuoco hanno di fronte uno scenario noto, di complessità bassa. Una casa a due piani, non contigua ad altre abitazioni. Predisposto fuori quanto necessario, valutata la situazione, una squadra entra per verificare che non vi siano persone e per operare.

L’incendio non presenta particolari necessità. Nel corso dell’ispezione per verificare la presenza di persone, però, al piano terra, in una stanza che tra pochi minuti verrà certamente raggiunta dal fuoco, vengono rinvenuti numerosi contenitori che riportano il marchio degli esplosivi. Alcune casse sono aperte con in bella mostra anche cartucce e caricatori per armi automatiche. Quello che è iniziato come un intervento ordinario è diventato in pochi secondi un intervento di gestione crisi. Perché? Non per l’attività dei Vigili del Fuoco che, secondo le usuali procedure, viene immediatamente interrotta, per la sicurezza degli operatori.  Quella che manca è l’organizzazione del territorio, non predisposta per una simile evenienza. 

Non abbiamo contezza del quantitativo e del tipo di esplosivi, e dobbiamo ritenere che un’esplosione, anche molto potente, avverrà entro alcuni minuti. Posso inventarmi qualcosa per evitarlo? Ho il tempo per mettere in sicurezza il quartiere? Tutte domande alle quali non posso dare una risposta. Sono in crisi. Ovviamente, più velocemente si reagisce, più facilmente si riesce a limitarne l’effetto dirompente.

Decisioni per l’incolumità della popolazione circostante dovranno comunque essere prese. Posso evacuare, ma non c’è il tempo. Forse il riparo al chiuso potrebbe essere l’unica opzione perseguibile. Certo, c’è una villetta a trenta metri di distanza che è veramente a rischio, se l’esplosione sarà particolarmente potente. Magari vado di corsa a evacuarla. Per gli abitanti delle altre, però, non c’è che il riparo al chiuso. Ma come li avverto? Quanto tempo ci metterò a girare per tutte le case, a bloccare il traffico a distanza di sicurezza, a diramare l’allarme anche solo usando il megafono? Che istruzioni devo dare da subito per poter fare in modo che le persone che rimangono in casa siano già al sicuro quando si verificherà l’esplosione, e cioè entro pochi minuti?

In questa situazione al limite non vi sono possibilità operative che possano soddisfare completamente chi valuta e decide. Si dovrà inventare al momento, sulla base della conformazione dei luoghi e si dovrà comunque accettare di non riuscire ad avvertire tutti in tempo. Appunto, una crisi. 

Se fosse stata redatta una pianificazione puntando su altri aspetti, quelli generali e in definitiva più rilevanti, allora si sarebbero potuti diminuire i tempi necessari per cercare di mettere in sicurezza il territorio. 

Ad esempio, stabilire come avvertire, nel più breve tempo possibile, gli abitanti di un dato territorio o di una specifica area in un territorio, e come dare le istruzioni per mettere in sicurezza le persone che stanno nel vicino supermarket o al cinema o ovunque esse siano. Se non fossero disponibili i mezzi tecnici necessari dovremmo predisporli[1].

La stessa logica utilizzata per l’incendio della villetta vale per situazioni molto più estese e di generale interesse, che comprendono crisi che hanno la capacità di coinvolgere la nostra società nel suo complesso. Come per tutte le crisi, non si può pianificare nello specifico immaginando gli interventi da eseguire. Non solo non conosco i contorni dell’evento che scatenerà la crisi, ma non ho proprio idea di quale evento io stia parlando. Un terremoto, più terremoti, un attacco terroristico, chimico o biologico o radiologico. Una bomba atomica clandestinamente fatta entrare nel porto di Napoli o di Genova. Un passaggio inatteso di un virus da animale a uomo e lo scatenarsi di un’epidemia e poi di una pandemia. L’impatto di una meteora di rilevanti dimensioni, un “flare”[2] solare[3]. Manca l’invasione marziana. Quando avremo contezza che esistono i marziani dovremo inserire nell’elenco anche quella.

Quindi, quale pianificazione poter fare per affrontare una crisi di cui non so nulla; quali sono i campi da considerare per poter avere un piano generale utile, ad esempio, per la crisi prodotta dal COVID-19 o da una qualunque pandemia? Parliamo di piani generali che “preparano” il sistema paese, analizzandone le deficienze, le capacità non sviluppate, le necessità logistiche.

In realtà non partiamo da zero per capire quali siano gli argomenti da affrontare per alzare più in alto possibile la soglia di crisi della Nazione. Le numerose esercitazioni per posti di comando tenute dal Ministero dell’Interno a partire dal 2004, e quelle organizzate in ambito NATO e bilateralmente con Paesi alleati, alle quali hanno partecipato tutte le Amministrazioni dello Stato a livello centrale e a livello locale, con i Capi (non di livello politico) schierati intorno ai tavoli decisionali, hanno più volte posto in evidenza le criticità intrinseche del sistema paese e le attenzioni da porre in atto alle prime avvisaglie di un problema.

Per il settore salute, sappiamo che da subito devono essere protetti i pronto soccorso ospedalieri, anche predisponendo aree di controllo esterne ai locali usualmente utilizzati. Sappiamo che devono essere individuati in un piano gli ospedali di riferimento e quelli da riservare all’uso ordinario. Devono essere predisposte scorte, costantemente adeguate e revisionate di macchinari specialistici, dispositivi di protezione, medicinali e quanto altro. Dobbiamo essere sicuri di poter avere a disposizione o acquisire i medicinali necessari e accedere a una filiera vaccinale senza dipendere dalle volontà di altri Paesi, anche se alleati. Dobbiamo riorganizzare il settore dei medici di famiglia affinché tornino a essere le sentinelle del territorio. Dobbiamo predisporre attrezzature per la realizzazione immediata, se necessario, di nuovi reparti e l’ampliamento dei posti letto disponibili. Dobbiamo riportare la protezione della salute generale della popolazione allo Stato. La salute della popolazione è un fattore strategico, va tutelata attraverso l’organo competente per dettato costituzionale, il Ministro della Salute[4], così come la sicurezza fisica e territoriale è competenza del Ministro dell’Interno e di quello della Difesa. Il Soccorso Sanitario Urgente dovrebbe essere organizzato come il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, con unico addestramento, stesse procedure operative ovunque, dalla Sicilia alla Valle d’Aosta, unicità di mezzi, unico centro di spesa.

C’è tantissimo per ciascuna settore del Paese da organizzare, predisporre, scrivere. Le cose da fare per il sistema salute, e non sono esaustive quelle riportate, nonché per tutte le attività strategiche del Paese, sono il risultato delle lezioni apprese nelle simulazioni per la gestione di eventi prodotti da attacchi voluti al Paese con uso di agenti o armi NBCR, che hanno intrinseche capacità di produrre conseguenze critiche su tutti i sistemi, contemporaneamente. Questo è il motivo per cui si usano, appunto, eventi NBCR per le esercitazioni di gestione crisi, anche alla luce della durata delle simulazioni, usualmente non più di due giorni.

Alcune pianificazioni nell’ambito della materia difesa civile, non generali bensì centrate su aspetti specifici, sono già state fatte. Il Piano Nazionale NBCR con le sue pianificazioni discendenti, il Piano Cristoforo Colombo, per i porti, il Piano Leonardo da Vinci, per gli aeroporti, il Piano Nazionale per il Trasporto in Alto Bio Contenimento, il Piano per la Scorta Nazionale Antidoti. Esiste anche un Piano per Pandemie Influenzali, redatto da un’unità di crisi del Ministero della Salute tra il 2005 e il 2006, per rispondere a possibili pandemie o epidemie di carattere respiratorio. Mai applicato, mai usato, e credo neanche conosciuto o suggerito all’inizio di questa crisi. 

            In conclusione, questo Paese ha bisogno con urgenza di:

  1. una pianificazione di gestione crisi onnicomprensiva, generale;
  2. più pianificazioni centrali, e successive pianificazioni periferiche discendenti, centrate su aspetti specifici che necessitano di particolari organizzazioni o cautele;
  3. di un sistema per la comunicazione di crisi, con strategie ed obiettivi concordati e pianificati, curato da persone preparate attraverso formazione specifica ed esercitazioni, e non estratte a caso, o per amicale frequentazione;
  4. di addestramento costante dell’alta catena di comando; favorendo l’addestramento dei decisori, non degli operatori, che sono più che preparati;
  5. di una catena di comando univoca e centrale, con un bacino di tecnici specializzati nella gestione delle loro materie in situazione di crisi, da mantenere preparati e costantemente addestrati, sul modello dei “NATO Civil Experts” del “Civil Emergency Planning Committee”;
  6. di riportare le singole materie alle competenze istituzionali delle amministrazioni responsabili, laddove operano le professionalità certificate per le decisioni da assumere su quella specifica materia di competenza… i Commissari ad acta (e le task-force) si usano per specifici ben determinati progetti o limitate operazioni, non per la gestione generale del Paese.

Giovanni Ferrari e Ferruccio di Paolo

Giovanni Ferrari, ArchitectCBRN ExpertNATO Civil Emergency Planning Expert in Analysis and Consequence Management Ferruccio Di Paolo Communication specialistNATO Civil Emergency Planning Expert in Technical matters on Crisis communication

[1] Il Governo federale tedesco, ad esempio, ha realizzato un sistema di messaggistica digitale via “smartphone” che comunica a tutti i cellulari, compresi nell’area colpita, cartografia con chiare indicazioni sul dove dirigersi, sfruttando il gps del telefono, quali numeri chiamare, cosa fare per provvedere alla propria sicurezza immediata.

[2] Intensa emissione di plasma solare che può arrivare a coinvolgere i pianeti del sistema solare anche oltre l’orbita terrestre, con potenziali devastanti effetti sulla distribuzione dell’energia elettrica e le comunicazioni.

[3] Tutte queste fattispecie sono possibili, pur se non probabili. La NATO già da anni invita i Paesi Alleati a pianificare per “l’impensabile”, ritenendo che tale modo di pianificare possa coprire poi il 100% del probabile.

[4] La cura deve rimanere alla responsabilità regionale, ma l’organizzazione generale deve essere comune a tutti, non possono esserci aree del Paese diverse tra loro.