Libia: L’Italia flette i muscoli

di Luigi R. Maccagnani

0308201701Approvata in parlamento il 2 agosto u.s. con ampia maggioranza, la missione della nostra Marina Militare di “supporto” alla Guardia Costiera libica per il contrasto all’immigrazione clandestina; il pattugliatore d’altura Comandante Borsini è già in rotta per il porto di Tripoli.

Non è ancora chiaro su quale accordo questa ultima iniziativa si basi, prima si è sentito dire su una specifica richiesta espressa da Serraj, Primo Ministro del GNA (Governo di Accordo Nazionale), sponsorizzato dall’ONU ma con poco consenso in Libia; richiesta poi smentita dallo stesso Serraj al suo ritorno a Tripoli ed in seguito ridefinita come “supporto logistico”.
Negativo l’atteggiamento del parlamento di Tobruk, HoR, cui fa riferimento il generale Haftar, come titola il Corriere della Sera, riprendendo dall’emittente televisiva Al Arabya: Libia, «Haftar ordina di bombardare navi italiane». Roma: «Minacce infondate». In realtà il parlamento di Tobruk ha sì condannato la decisione italiana, ma si è limitata a contattare le Nazioni Unite per chiederne l’intervento ed evitare una possibile crisi con l’Italia.
C’è grande confusione – ed irritazione – in Libia su chi ha chiesto l’intervento di navi militari italiane in acque libiche, Serraj nega, il ministro degli esteri Siala – che era con lui- afferma che la richiesta era avvenuta, gli italiani sono vaghi…

E’ comunque evidente per molti che il vero scopo della missione sia quello di rimandare in Libia i migranti intercettati in acque libiche: Human Rights Watch (HRW) commenta che l’Italia potrebbe trovarsi coinvolta nei possibili abusi che i migranti potrebbero subire in Libia (Judith Sunderland direttore HRW per Europa ed Asia); Amnesty International arriva a dire che l’Italia sostanzialmente si rende complice delle torture che i migranti potrebbero subire se rispediti in un campo di detenzione libico (John Dalhuisen, direttore per l’Europa di Amnesty International).

Un indizio sulla situazione nei campi di detenzione libici può essere dedotto dall’intervento di Federico Soda, direttore Ufficio di coordinamento per il Mediterraneo dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), e dal video pubblicato dal Corriere della Sera. http://www.ansamed.info/ansamed/it/notizie/rubriche/cronaca/2017/08/02/libia-soda-oim-una-trentina-centri-detenzione-pessimi_5cb34d69-505f-4013-a59a-ab329e7ebfb8.html ;  http://video.corriere.it/racconto-migranti-aquarius-in-libia-ci-hanno-torturato-violentato-mesi/32f2db76-75e3-11e7-bcc9-f72f41c1edd8

Altro intervento “muscolare”: Codice di condotta per le ONG nel Mediterraneo, http://tg24.sky.it/cronaca/2017/07/31/codice-ong-cosa-prevede.html

Tardivo nel tempo, brusco nei modi: si poteva chiamare una riunione con le ONG appena emerso il dubbio di una possibile “collusione” tra alcune di loro e gli scafisti, e sarebbe stato interesse di tutti arrivare ad un codice di condotta concordato, ora sottolinea e rinforza l’impressione che l’unico obiettivo sia di respingere in Libia il maggior numero possibile di migranti, e la voglia di fare dettata più come reazione all’attivismo di Macron che da una vera pianificazione.

Al momento, solo due organizzazioni – Save the Children e Moas – hanno firmato per accettazione, altre si sono prese tempo. Medici senza Frontiere, tra altri, si è rifiutata di sottoscrivere il testo motivandone il rifiuto sulla base principalmente di due clausole, la presenza di agenti armati della polizia giudiziaria ed il divieto di trasferire i migranti soccorsi da una barca all’altra.

Il problema dei migranti non può certo essere sminuito, né tanto meno si può pretendere che l’Italia se ne faccia carico da sola, ma un eventuale blocco alla costa libica, pur potendo in qualche maniera ridurre il flusso di arrivi sulle nostre coste, non solo non risolve il problema, ma può produrre un costo aggiuntivo in vite e sofferenze, in quanto i migranti non sono libici, ma vengono da sud del Sahara. Forse sarebbe meglio spendere forze muscolari verso EU ed ONU, che tra l’altro l’Italia è anche – per il 2017- membro del Consiglio di sicurezza.

Ma forse è tristemente attuale il fondo di Ernesto Galli della Loggia, pubblicato il 1 Agosto dal Corriere della Sera:

http://www.corriere.it/opinioni/17_agosto_01/paese-senza-alleati-6ee38156-762b-11e7-bcc9-f72f41c1edd8.shtml

 

Luigi Maccagnani

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Comandante di cacciatorpediniere, durante l’attacco ad un grosso convoglio, giunto a contatto con siluranti ed incrociatori nemici, impegnava audacemente aspro combattimento, animando i dipendenti con l’esempio del proprio valore.
Colpita la sua nave da numerosi colpi che ne menomavano irreparabilmente l’efficienza, persisteva nell’impari lotta con efficaci risultati, dando prova di fermezza, di grande serenità d’animo e di sommo sprezzo del pericolo.
Dopo aver provveduto alla salvezza dell’equipaggio, rifiutava decisamente di abbandonare la sua nave e, impavido e fiero sul ponte di comando, volto verso il nemico, affondava con essa, incontrando sublime e gloriosa morte.
Mar Rosso, presso l’isola Harmil, 21 ottobre 1940

Nacque a Milano il 7 aprile 1906. Allievo all’Accademia di Livorno dal 15 marzo 1922, il 15 novembre 1926 conseguì la nomina a Guardiamarina a prese imbarco prima sulla corazzata  Giulio Cesare, poi sulla corazzata Andrea Doria, sulla nave idrografica Ammiraglio Magnaghi, sul cacciatorpediniere Augusto Riboty a dal 1° gennaio 1929, nel grado di Sottotenente di Vascello, imbarcò sull’esploratore  Giovanni da Verazzano e nuovamente sulla corazzata  Giulio Cesare dove, nel luglio 1932, conseguì la promozione a Tenente di Vascello.
Nel 1933 raggiunse il Distaccamento Marina a Tientsin (Cina); al suo rimpatrio frequentò a Taranto il Corso di Osservazione Aerea e nel 1935, conseguito il brevetto, operò per circa un anno nell’ambito della 153a Squadriglia Idrovolanti.
Passo poi sui sommergibili ed al termine di questa esperienza, nel 1937, assunse l’incarico di Ufficiale in 2a sul cacciatorpediniere Nembo al termine del quale ebbe il comando della torpediniera Clio.

Nel gennaio 1940 imbarcò sulla nave coloniale Eritrea, dislocata nel Mar Rosso e, nel maggio dello stesso anno, conseguita la promozione a Capitano di Corvetta, ebbe il comando del cacciatorpediniere Francesco Nullo, operante in Mar Rosso, con il quale il 21 ottobre, nelle acque presso l’Isola Harmil, sostenne un aspro combattimento contro incrociatori e cacciatorpediniere nemici. Essendo l’unità colpita e menomata nella sua efficienza operativa, provvedeva a far porre in salvo il suo equipaggio e si inabissava con essa al proprio posto di comando.