AUTUNNO 1982: UN PERIODO NERO PER IL MEDITERRANEO

Roma, 9 Ottobre 1982, ore 11:55: un commando di terroristi palestinesi lancia granate e poi apre il fuoco contro gli ebrei che escono dalla Grande Sinagoga di Roma, in Lungotevere Cenci, dopo la funzione di Sheminì Azeret. Viene ucciso un bambino di due anni, Stefano Gay Tachè, mentre almeno altre trentacinque persone vengono ferite, alcune in modo molto grave.

Dopo 30 anni gli ebrei di Roma aspettano ancora che venga fatta giustizia per questo infame crimine

Questi sono il titolo, la data, l’autore ed il sottotitolo di uno scandaloso articolo apparso il 9 ottobre su quello che vorrebbe sembrare un giornale on line, «Focus on Israel», di cui, però, per difetto di trasparenza nella Home Page, non è dato conoscere proprietario, direttore responsabile, webmaster, linea editoriale, né la vera natura. Quello che appare chiaro è che questo <organo informativo> svolge la funzione di portavoce degli ebrei d’Italia e sponsor della causa israeliana, collegato alla pagina di Facebook «IsayWeb!», “…una struttura indipendente per offrire produzione di contenuti, realizzazione di siti e campagne di comunicazione nello stile di quelli proposti nel network …  un progetto italiano che porta nel suo stesso nome la forza del formato internet che – con la sua interattività – ha rivoluzionato dal basso il modo di fare informazione … un progetto costituito da una rete di siti monotematici con una linea editoriale veloce e aperta allo scambio, finalizzata a trasformare gli utenti in protagonisti attivi dell’informazione…”.

L’articolo ed i commenti, consultabili su questo link, sono quanto più di anti italiano abbiamo letto negli ultimi anni. Un disprezzo per i vertici italiani inimmaginabile, se non l’avessimo letto con i nostri occhi. Questi signori, evidentemente, non seguono le vicende italiane, non nutrono i nostri stessi sentimenti, non hanno il minimo rispetto per persone che hanno fatto l’Italia, qual è stato Sandro Pertini o per statisti italiani di indubbie capacità politiche e di statura internazionale, quali Andreotti e Craxi, che si sono distinti per abilità politica in tantissime occasioni. Non indenni da critiche sul piano personale. Villaneggiati, oggi, da personaggi che – parrebbe di capire – non sentono l’Italia come loro terra. Si aggrappano a singoli episodi o a frasi infelici per infangare la realtà italiana, di quella realtà che vede ancora impunite tante altre morti,

importanti per noi, per la nostra Nazione, per la nostra coscienza nazionale, per la nostra appartenenza già tanto umiliata anche senza gli offensivi e feroci apprezzamenti ebraici.

La morte violenta di un essere umano è sempre un atto atroce, qualunque sia la sua nazionalità, la sua razza, la sua fede, la sua idea politica; aborriamo la guerra e la scia di vittime innocenti che inevitabilmente si lascia dietro ogni atto bellico, anche il più giusto o giustificabile. Non in quanto Italiani, né in virtù di una qualsivoglia appartenenza, respingiamo ogni forma di caccia all’uomo, come quelle che hanno portato all'”esecuzione” di spietati dittatori come Saddam Hussein e Muammar al Kaddafi o di un feroce criminale qual è stato Oussama Ben Laden. Non riteniamo che in casi del genere si possa fare un raffronto quantitativo. Sul piano umano non esistono paragoni o graduatorie fra morti, vi può essere solo una diversa valenza politica. Ma questo è un differente discorso che qui non si pone e che neanche la comunità ebraica ha posto.

Nei panni della comunità ebraica di Roma, avremmo alzato un po’ meno la voce nel rievocare l’atroce e feroce uccisione di un innocente bambino ed il ferimento di 35 adulti altrettanto innocenti, a distanza di neanche 20 giorni dalla ricorrenza del 30° anniversario della strage di Sabra e Chatila, per una descrizione della quale proponiamo un articolo apparso su un quotidiano nazionale attraverso un brano molto forte ed il suo link: «… due giorni dopo l’attentato contro il capo dello Stato libanese: tra la notte del 16 e la mattina del 18 settembre, l’esercito israeliano supportato dalle milizie delle Forze Libanesi (il partito di Gemayel) usano il pretesto dell’assassinio per perpetrare uno dei massacri più terribili degli ultimi decenni. Alla periferia di Beirut, nel campo profughi palestinese, le squadre cristiano-sioniste compiono una mattanza senza precedenti. Nelle vie strette ed intricate del sobborgo, l’incursione militare provoca la morte di migliaia di persone (le stime parlano di 3.500 civili)».

L’aver citato un giornale decisamente “di sinistra” in assenza di commemorazioni da parte dei grandi giornali nazionali, liberi e democratici, nulla toglie al valore della testimonianza di un episodio meritevole della corte internazionale.

Un po’ più di sobrietà il 9 ottobre a Roma e su “Focus on line” non avrebbe certo guastato. Soprattutto da parte di una comunità quale quella ebraica romana che, nonostante gli apparenti orientamenti destrorsi manifestati negli ultimi anni, ha dato ampie prove di moderazione ed integrazione. Ben altra cosa rispetto agli esponenti della dirigenza dello stato di Israele!

Fatta salva qualche eccezione, fatta fuori senza tanti complimenti…

Enrico La Rosa