Declino e caduta del Mediterraneo?

di Giuseppe M.R. Manzella,

OceanHis SrL

25 agosto 2022

Il titolo di questo articolo e ‘rubato’ ad Edward Gibbon il quale scrisse, alla fine del 18° secolo, il libro Storia della decadenza e caduta dell’impero romano. Ho aggiunto il punto interrogativo finale per lasciare aperto il dibattito che è stato innescato da Enrico La Rosa nel Maggio 2022 con il suo Mediterraneo tout-court, un articolo che merita di essere approfondito nei suoi vari aspetti storici, sociali, economici ed umani, specialmente dopo i numerosi post in OMeGA riguardo guerre, situazioni di popoli oppressi e collocazione geopolitica dell’Italia.  L’articolo di La Rosa pone, a mio parere, alcune importanti domande:

  • Dalla storia millenaria del Mediterraneo è possibile trarre lezioni per la costruzione di una Europa più culturale che commerciale, più cosmopolita che comunitaria, più comprensiva che arrogante, più accogliente che orgogliosa e con minori diseguaglianze sociali?
  • Quale può essere il ruolo dei paesi mediterranei nella costruzione della futura Europa?
  • Quale è il ruolo dell’Italia nel panorama Mediterraneo ed Europeo?

La Rosa aggiunge anche un’altra domanda: Come può l’Italia contribuire alla costruzione di un nuovo partenariato Mediterraneo connesso ad una nuova Europa culturale, cosmopolita, accogliente?

Uno dei punti di partenza dell’analisi fatta da La Rosa è costituito dal libro seminale scritto da Braudel che considera il Mediterraneo come un’area di spazio-movimento[i] i cui itinerari terrestri e marini sono stati mappati fin dai tempi antichi.

Homo Viator

L’Itinerarium Antonini è l’unico itinerario conservatoci sotto forma di libro. La copia delle antiche strade militari romane si trova nella famosa Tabula Peutingeriana (dal nome dell’umanista Konrad Peutinger) conservata presso la Hofbibliothek di Vienna, in Austria, e per ciò detta Codex Vindobonensis. La carta riporta circa 200 km di strade con circa 555 città, tra cui Roma, Costantinopoli, Antiochia. Queste strade, che portavano le leggi di Roma verso la periferia dell’impero, probabilmente furono utili ai ‘barbari’ per invadere il dominio romano. Secondo lo storico inglese Trevelyan ‘le strade romane accrebbero fortemente la rapidità della conquista sassone, danese, normanna [dell’Inghilterra]’[ii].

Nel Medio Evo la rete viaria romana venne distrutta, le strade diventarono sentieri, gli itinerari si modificarono e vennero sostituite da altri aventi diverse diramazioni che venivano utilizzate secondo esigenze economiche e di sicurezza. Eppure gli uomini viaggiavano!

Pourtant, si la plupart des hommes de l’Occident médiéval ont pour horizon, parfois toute leur vie, la lisière d’une forêt, il ne faudrait pas imaginer la société médiévale comme un monde sédentaire : la mobilité des hommes du Moyen Age a été extrême, déconcertant[iii].

La cultura Mediterranea è stata influenzata anche da viaggi meravigliosi quali quelli dei veneziani Polo o quei “viaggi fantastici” che hanno in Cosma Indicopleustes (530 d.c.)[iv] e John Mandeville (1371 d.c.)[v] due di molti autori fantasiosi, anticipati dagli autori dei “Mirabilia” dei primi secoli del primo millennio d.C.

L’uomo del medioevo era un pellegrino per essenza, era l’homo viator in viaggio nell’effimero spazio-tempo del suo destino. La cosiddetta età di mezzo fu un periodo nel quale il viaggiare aveva assunto proporzioni enormi e coinvolgenti. Testimonianze sul ‘Viaggiare nel Medioevo’ sono state riportate negli atti di un convegno svolto a S. Miniato nel 2000 a cui si rifà questo paragrafo[vi].

Viaggiatori erano, per ragioni contingenti, ‘poveri laboriosi’, ovvero gente in cerca di lavoro, contadini non radicati alle terre in cui dovevano lavorare, venditori ambulanti, cantastorie, schiavi e trasgressori della legge.  Viaggiavano mercanti ma anche religiosi, questuanti e professionisti della questua.

Come già osservato in altri articoli, i poveri questuavano per necessità, per vocazione i religiosi, per mestiere gli eleemosinarum quaestores, una particolare categoria di individui inizialmente reclutati per reperire fondi a favore delle crociate, delle chiese, conventi, ospedali. Il Boccaccio narra di un mestierante della questua: A Certaldo, paese della Valdelsa, era solito andare ogni anno a raccogliere le elemosine … Frate Cipolla era piccolo, rosso di capelli e con la faccia simpatica; amava molto le allegre compagnie; inoltre, pur essendo ignorante, era un ottimo parlatore e pronto alla battuta. In quella campagna era compare, amico o conoscente quasi di tutti. Secondo le abitudini, il mese di agosto andò, tra gli altri paesi, anche a Certaldo, e una domenica mattina, mentre tutta la buona gente dei dintorni era convenuta alla messa nella chiesa parrocchiale, quando gli parve giunto il momento giusto, si fece avanti e disse – Signori e donne, come voi sapete è vostra usanza mandare ogni anno ai poveri dell’illustre Sant’Antonio parte del vostro grano e delle vostre biade, chi poco o chi molto, secondo la dimensione del podere e della propria devozione, affinché il Beato Sant’Antonio faccia per voi la guardia ai buoi, agli asini, ai maiali e alle pecore vostre; oltre a ciò siete soliti pagare quella piccola quota che si paga una volta all’anno.

Tra i viaggiatori vanno inclusi quegli studenti che vagabondavano tra i centri universitari di maggior prestigio e attrattività. In un documento bolognese del 1252 venivano elencate 13 ‘nazioni’ di studenti che diventavano 16 nel 1317.

Itinerari marittimi

Se gli italiani di oggi si lamentano delle tasse, figuratevi i sentimenti degli uomini medievali riguardo le imposizioni che dovevano subire. Molteplici tasse colpivano il commercio nel Medioevo, sia come imposte sul mercato che come imposte di transito. Le prime colpivano gli scambi o l’uso delle stationes, come anche pesi e misure pubbliche; le seconde venivano riscosse alle porte (portaticum), agli approdi sui fiumi, sui laghi o sul mare (ripaticum), a un ponte, a un incrocio di strade, e colpivano merci, cavalcature, carri, navi. Gli itinerari marittimi, anche se non esenti da pericoli, avevano il vantaggio di essere sottoposti ad un minore sistema di dazi e pedaggi. Essi inoltre venivano preferiti per viaggi su lunghe distanze. Negli atti del Convegno di S. Miniato vengono riportate informazioni sui percorsi in mare aperto (o aipileggi) tra sponde opposte o itinerari senza scali intermedi. Gli itinerari costieri venivano descritti nei portolani, ove venivano riportate caratteristiche delle coste e punti di riferimento, quali torri e campanili delle chiese.

Dopo la caduta di Roma, il commercio marittimo fu ripreso, anche se in misura minore, dai bizantini. Lentamente, però, la marina mercantile dell’impero di Costantinopoli, scomparve per lasciare il suo posto a navi arabe, siriane e delle repubbliche marinare italiane.[vii] Tra le nuove potenze marinare si ingaggiò un’aspra lotta per assicurarsi il monopolio di linee commerciali soprattutto verso l’oriente Mediterraneo ed il Mar Nero. Alle città marinare interessava soprattutto avere dei luoghi sotto la loro unica autorità presso i maggiori porti. In tal modo potevano compiere operazioni di deposito, carico e scarico, acquisto e vendita, senza l’intromissione di autorità locali e senza fastidi dalle potenze rivali.11

L’importanza che i fondachi rivestivano per le città marinare viene testimoniata da documenti rivisitati nel 1858 per la Società Ligure di Storia Patria[viii]. I documenti mettono in risalto il ruolo fondamentale svolto dalle flotte delle città marinare italiane nelle Crociate e “come di grande rilevanza riuscisse il soccorso arrecato direttamente per mare dai Liguri alle armate cristiane, che stringevano d’assedio Antiochia e Gerusalemme … come all’ incontro le navi Genovesi giunte in ottobre del 1100 a Laodicea facessero tosto risorgere la fortuna latina, riuscendo espugnate col loro concorso molte di quelle città d’Oriente”.

La disponibilità delle città marinare era commisurata ai ‘privilegi’, ed i documenti sopra citati aggiungono: Col rammentare i molti privilegi ottenuti dai Genovesi fin dal principio del dominio dei Franchi in Palestina, fa conoscere il carattere dell’impresa delle Crociate per questo popolo marittimo e commerciante in opposizione a quello che le medesime avevano nelle menti degli oltramontani. Mentre questi erano spinti per acquistare in quelle contrade nuovi Principali, Baronie e Feudi; i Genovesi per prezzo del loro concorso si contentavano di franchigie commerciali, di possessi di case e fondachi nelle principali città, di giurisdizione civile e commerciale propria. Ma quelle franchigie per colpa di quei Baroni non furono mantenute, e il popolo Genovese sospese i soccorsi per sostenerli contro i Saraceni.

La Genova medioevale si ritagliò un ruolo di grande potenza Mediterranea. Le vie del mare, in quello che veniva chiamato Mare Ligustico, erano sottoposte al controllo della potente flotta genovese che la Repubblica coll’ armi, e colla potenza acquistati si aveva, ne mari di sua giurisdizione con averne scacciati i Saracini, e difesi dalla loro barbarie i Littorali tutti dell’Italia …15  secondo un privilegio valido da circa 300 anni, ovvero dal XII secolo, e che era stato confermato in Augusta (dall’Imperatore Massimiliano I) 4 Aprile 1513 … decreto proibitivo a chiunque di condur sale per il Mare Ligustico dal Monte Argentario a Marsilia …

Con magnanimità i genovesi diedero licenza a Lucchesi di navigare nel 1154, e nel 1239 mediante certo pagamento ad Azolino nobile Parmigiano … e così ai Conti di Barcellona, agli Aragonesi, ai Provenzali, ma non ai Senesi e, per un certo periodo, neanche ai Fiorentini.

L’eredità romana: sogno e mito.

Scrivendo della storia d’Inghilterra, Trevelyan9 sottolineò che i romani lasciarono tre cose valide: il cristianesimo, le strade e l’importanza acquisita da alcune città, oggi capitali di nazioni. Ma la vita latina delle città, le ville, le arti, la lingua e l’organizzazione politica di Roma svanirono come un sogno. L’universalismo alla base del mito romano favorì la diffusione del cristianesimo in Europa, ma la sua idea si infranse nella frammentazione feudale, forse anche per colpa delle lotte papato-impero. In quella parcellizzazione territoriale, iniziata con la crisi del III secolo del mondo Romano, assunsero importanza le ville, indicanti le grandi proprietà, da cui nacquero successivamente nuovi nuclei urbani. L’universalismo cristiano (katholikós), anche se frammentato tra i vari poteri locali, fu la base di una comune cultura dell’Europa occidentale che si venne a rompere con la Riforma protestante e Controriforma Cattolica[ix].

Secondo le cronache di Francesco Accinelli24, mentre in Europa occidentale si rompeva l’universalità cattolica, terre italiane non direttamente toccate dalle contese religiose venivano coinvolte nelle guerre tra i Valois e gli Asburgo: Siamo perciò nell’autunno del 1494, quando … Carlo VIII (di Valois) scese in Italia dal passo del Monginevro (usando una delle strade romee) con l’obbiettivo finale di conquistare il regno di Napoli. Dopo avere attraversato il Piemonte toccò Piacenza e Parma, finché superato Fornovo si diresse verso Sarzana[x].

L’impresa in Italia di Carlo VIII venne anche ricordata per il male introdotto dai suoi soldati mercenari, conosciuto da quel momento come mal francese. I francesi cercarono di non essere nominalmente associati alla sifilide, e lo chiamarono mal di Napoli. Ma il primo nome si rivelò molto più attraente e si impose in tutto il mondo.

Genova, anche durante le lotte di religione, mantenne buoni rapporti con gli inglesi, a cui oltre tutto aveva dato precedentemente in concessione l’uso della sua bandiera dietro pagamento di un canone annuo. L’insegna della croce di San Giorgio venne citata nell’anno 109924: …  ond’ è, che ritennero per loro insegna la croce vermiglia in campo bianco, il che dié Urbano II ai soldati cristiani nel 1066 nel concilio di Chiaromonte… I Genovesi, sempre impegnati contro i pirati nel Mediterraneo, incutevano timore e la loro bandiera sul pennone delle navi dava una certa sicurezza da possibili assalti, per cui gli inglesi trovarono conveniente pagare un canone annuo e salvare le loro navi (mi sono sempre posto una domanda: come eredi della Repubblica di Genova possiamo legalmente chiedere ancora il canone e gli arretrati all’Inghilterra?)

Lo scacchiere Europeo: Francia o Spagna?

La creazione di Stati nazionali in Europa e la scoperta dell’America cambiarono completamente i destini dei piccoli feudi italiani ed europei. Per tutto il Cinquecento l’Italia fu un cruento teatro di battaglia tra Francia e Spagna. Città e territori che erano stati fiorentissimi entrarono in una spirale di decadenza o di isolamento. Le signorie italiane sopravvivevano solo grazie a matrimoni ed alleanze. Venezia era impegnata sul fronte orientale e rimaneva il coraggioso baluardo contro l’avanzata dei Turchi, che si impadronivano dell’Europa Orientale. Il destino di Venezia era quello di diventare la ‘Disneyland’ dell’Europa.

Con Andrea D’Oria Genova fece una scelta strategica netta. Di fronte alle mire espansionistiche dei vicini francesi forti della loro potenza continentale, l’ammiraglio D’Oria nell’estate del 1528 siglò un’alleanza con la Spagna di Carlo V in cui ottenne la garanzia dell’indipendenza di Genova. Carlo V d’Asburgo, all’apice del suo potere, controllava un impero vastissimo che si estendeva su tre continenti, ma aveva bisogno di “navi e di capitali”. La sua famiglia era pervenuta al massimo successo della politica matrimoniale adottata da tutte le potenti famiglie Europee e gli Asburgo avevano domini dalla Spagna alla Transilvania e dalla Sicilia ai Paesi Bassi, senza considerare i domini spagnoli d’oltre mare.

L’alleanza ispanico-genovese si basava su una ripartizione di competenze, con i Genovesi che fornivano l’infrastruttura finanziaria all’Impero spagnolo, scalzando fiorentini, tedeschi, senesi. Le loro conoscenze commerciali e finanziarie costituivano un enorme vantaggio: “La loro posizione di privilegio non deriva da particolare benevolenza dei sovrani spagnoli, ché anzi costoro a cominciare da Filippo II, odiavano i genovesi (…). Ma la potenza finanziaria dei genovesi obbligava i re Spagnuoli a fare quello che i genovesi richiedevano[xi]. I Genovesi erano mercanti-banchieri, conoscevano terre e costumi di continenti diversi, parlavano più lingue e soprattutto, da lungo tempo, padroneggiavano il nuovo linguaggio dei commerci: partita doppia, lettere di cambio, assegni, garanzie, prestiti, cedole, piani di ammortamento. Genova, nel periodo a cavallo tra 500 e 600 fu un’economia mondiale, uno stato globale, un impero senza territorio[xii]. Banchieri e mercanti della Repubblica genovese dunque non solo sfruttarono le opportunità enormi offerte dalla globalizzazione dei mercati ma, consapevoli dei rischi insiti in questo vertiginoso processo di crescita, iniziarono a implementare dei metodi di controllo, di compensazione e di regolamentazione.

La scelta di una ristretta oligarchia genovese a favore della Spagna ebbe conseguenze positive per un certo periodo e negative nel lungo periodo. Nel 500 – 600 i Paesi Bassi spagnoli erano in pieno fermento. L’ostilità di Francia ed Inghilterra rendeva impossibile il passaggio di truppe dalla Spagna verso la Fiandra (in rivolta contro il dominio spagnolo) attraverso il canale della Manica. Al contrario, partendo da Barcellona e da Napoli gli spagnoli potevano utilizzare i porti liguri per poi attraversare il Ducato di Milano e dirigersi verso le Alpi. Uno dei percorsi del Cammino di Fiandra dal Ducato di Milano proseguiva per la Valtellina, il lago di Costanza e seguiva il corso superiore del Reno. In tal modo gli spagnoli attraversavano territori di alleati o sottomessi agli Asburgo del ramo spagnolo o austriaco[xiii].

Declino e caduta del Mediterraneo?

Qui ritorniamo all’articolo di La Rosa: La storia del Mediterraneo autonomo, ancorché turbolento, finì con la fine di Genova, ultimo vitigno autoctono finito nelle botti straniere. Tutto il resto è stata storia in varia misura di Belgio, Francia, Gran Bretagna, Germania, Olanda, Portogallo, Spagna. Cui si aggiungono successivamente, in parte soppiantandoli, Stati Uniti d’America, Russia e Cina.

Le cause del declino e della caduta del Mediterraneo possono essere trovate nei libri di storia, ma dovremmo porci la domanda di Edward Gibbon nella Storia del declino e caduta dell’impero romano: Invece di chiederci perché fu distrutto, dovremmo sorprenderci che abbia retto tanto a lungo.

Quindi è inutile sognare un passato di gloria, ma meglio pensare al presente e futuro. La ricetta per costruire una Federazione che rilanci la centralità del Mediterraneo, suggerita più volte, necessita di vari ingredienti. L’autore di questo articolo non intende procedere oltre. Gli ingredienti scritte della ricetta sono stati elencati da La Rosa. Un metodo per promuovere il ruolo di cerniera (vedi articolo di La Rosa) è stato proposto nella nota Mare tra terre e cielo. Ma abbiamo tutti gli elementi per rispondere alle domande iniziali di questo articolo? Abbiamo fatto i conti con il nostro passato colonialista? Abbiamo la necessaria credibilità per avere un ruolo importante nella proposta Federazione?

Giuseppe M.R. Manzella

[i] Fernand Braudel, 1985. La Mediterraneé, ed. Flammarion

[ii] George Macaulay Trevelyan, 1960. A Shortened History of England. Penguin Books, Harmondsworth, Middlesex, UK.

[iii] Jacques Le Goff, 2008. La civilisation de l’Occident médiéval. Flammarion. “Eppure, mentre la maggior parte degli uomini nell’Occidente medievale ha il loro orizzonte, a volte tutta la sua vita, ai margini di una foresta, non si dovrebbe immaginare la società medievale come un mondo sedentario: la mobilità degli uomini del Medioevo era estremo, sconcertante”

[iv] Cosmas Indicopleustes, 2010. The Christian Topography of Cosmas, an Egyptian Monk: Translated from the Greek, and Edited with Notes and Introduction. Cambridge University Press.

[v] The travels of Sir John Mandeville: the version of the Cotton manuscript in modern spelling: with three narratives, in illustration of it, from Hakluyt’s “Navigations, voyages & discoveries”. https://archive.org/details/travelsofsirjohn00manduoft

[vi] Sergio Gensini (a cura di), 2000. Viaggiare nel Medioevo. Centro Di Studi Sulla Civiltà Del Tardo Medioevo San Miniato, Collana di Studi e Ricerche 8.

[vii] Lionel Casson, 2004. Navi e marinai dell’antichità. Mursia

[viii] F. Ansaldo, Caffaro, Anonimo, 1858. Cronaca della Prima Crociata scritta da Caffaro ed altra dei re di Gerusalemme da un anonimo estratte dal codice degli Annali Genovesi esistente nella Biblioteca imperiale di Parigi e per la prima volta pubblicate. Atti della società ligure di storia patria 1.

[ix] Diarmaid MacCulloch, 2003. Reformation. Europe’s House Devided, 1490-1700. Allen Lane.

[x] Pino Meneghini, Sarzana e la Francia, 2007. ReS Edizioni, Sarzana.

[xi] Carlo M. Cipolla, 2011. Conquistadores, pirati, mercatanti. La saga dell’argento Spagnuolo. Il Mulino.

[xii] Fernand Braudel, 1953. Civiltà e imperi nel Mediterraneo nell’ età di Filippo II.

[xiii] Irish regiments in the spanish army of flanders. http://www.theirishstory.com/2015/07/28/irish-regiments-in-the-spanish-army-of-flanders/#.WpvVx-dG2Uk

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