Mare tra terre e cielo

di Giuseppe M.R. Manzella

OceanHis SrL

16 agosto 2022

 

Premessa

Questi giorni estivi sono turbati da sconfortanti notizie su conflitti e prove di forza di gruppi di potere (non nazioni, ma governanti). All’interno dell’Associazione OMeGA si è aperto un dibattito su un post che commentava la notizia giornalistica su come la flotta russa abbia bloccato l’Adriatico. La prima reazione in OMeGA è stata di costituire una federazione che faccia del Mediterraneo un mare ‘nostrum’. Non credo che il Mediterraneo possa essere solo degli abitanti le sue sponde, piuttosto sia di chiunque abbia a cuore la convivenza pacifica delle diverse società. Cerco in questa nota di indicare una strada di possibile dialogo, partendo da alcuni aspetti storici. Nella seconda parte di questa nota vorrei indicare come sia possibile un dialogo.

I luoghi in cui viviamo, i suoi monumenti, i modi come abbiamo modellato la natura, sono il risultato di scambi economici, umani e culturali. Questi hanno prodotto cambiamenti nelle idee delle persone e delle società, idee che si sono immesse, adattate e rielaborate in diverse maniere nei differenti cosmi locali sulla base di conoscenze preesistenti. Una mente umana aperta agli stimoli esterni non si fossilizza dentro gabbie culturali, ma riceve ed accoglie nuove nozioni che vengono rielaborate sulla base di giudizi personali e delle comunità in cui vive. Queste rielaborazioni vengono a far parte di una conoscenza che vive nel tempo, ma anche nello spazio, poiché la circolazione della conoscenza è sia locale che globale e vi sono interazioni creative in questi due ambiti. La conoscenza è anche dinamica, ovvero cambia continuamente in maniera non lineare portando alla crescita culturale dell’uomo e della società. Quando la conoscenza viene rifiutata o male interpretata si assiste ad una decrescita civile.

La base ecologica e demografica, le credenze religiose ed i loro conflitti, la legge, la moralità, la pianificazione territoriale costituiscono l’ambiente entro cui si integrano e sviluppano patrimoni di conoscenza che cambiano nel tempo. All’interno di uno stesso ambiente si trovano numerose sfaccettature culturali, sociali ed economiche la cui interpretazione richiede la comprensione delle relazioni tra i vari elementi e tra un elemento e il tutto. La conoscenza va acquisita e disposta, va riconosciuta, usata, applicata, venduta e acquistata, scritta, trasferita, condivisa, riformulata. La nuova conoscenza può rendere meno importante la vecchia o renderla più preziosa. La conoscenza può anche essere dimenticata o scomparire quando non viene utilizzata per molto tempo.

Attraverso le strade terrestri e marittime disegnate nei secoli, le genti mediterranee hanno camminato creando le condizioni per un incontro di idee e la formazione di nuovi tipi di società. Seppure piccole e forse marginali, queste società hanno fatto parte della grande storia, intesa come avvenimenti che coinvolgevano regioni e uomini da molte parti dell’area Mediterranea, dell’Europa, del Nord Africa e del Medio Oriente.

Il viaggio millenario di uomini ed idee ha intriso profondamente ogni singolo luogo, sia questo città, paese o costruzione eremitica. Il Mediterraneo è pieno di ‘patrimoni dell’umanità UNESCO’, ma raramente sappiamo trovare la connessione tra gli oggetti del patrimonio e la nostra comune cultura. Forse una lettura di monumenti, palazzi, rovine, paesaggi, libri, musica può essere estremamente più proficua se si cercano quegli elementi di unione che i viaggi hanno creato nel nostro ambito culturale.

 

Un universo umano in movimento

Braudel osservava che l’area Mediterranea era (ed è) come un alveare i cui ospiti sciamavano (e sciamano) continuamente. Le zone più povere fornivano masse di mercenari, domestici, venditori ambulanti, artigiani itineranti, lavoratori a giornata, mietitori e vendemmiatori di rincalzo. Migrava gente che moriva di fame ma anche mercanti, architetti, artisti, uomini di cultura. Tutto questo faceva del Mediterraneo un pot-pourri, secondo una delle definizioni di Braudel, ed una fonte profonda di alta cultura.

La conoscenza è parte delle complesse esigenze umane e sociali e va quindi considerata come parte di beni e servizi necessari all’uomo. I bisogni umani hanno diverse sfaccettature, si originano e operano all’interno degli ambienti sociali e naturali in cui l’essere umano vive. I bisogni culturali, pur di diverso tipo[1], sono di natura universale ed indipendenti dai confini nazionali, dallo status economico delle nazioni, dalle religioni, dalle credenze e dalle culture delle popolazioni del mondo.

Dai bisogni umani può nascere il dialogo interculturale che può essere condotto solo pensando che nelle diverse aree geografiche le prospettive sociali, il significato di oggetti e di concetti possono essere diversi. In modo pragmatico, è necessario riconoscere che la conoscenza è localizzata, incorporata nelle abitudini e investita nella pratica. Per avere un dialogo proficuo vi è la necessità di riconciliare i significati delle parole, conoscere le fonti che hanno creato differenze tra varie comunità.

Per risolvere queste conseguenze, Carlile (2002)[2] ha proposto un processo di trasformazione della conoscenza in cui gli individui rappresentano, imparano, negoziano e alterano le conoscenze attuali e ne creano nuove. Il dialogo tra diverse comunità può essere facilitato dall’uso di ‘boundary objects’. Questi sono come delle lenti che ingrandiscono elementi comuni a diversi gruppi di persone e possono quindi collegarli tra loro e consentire una collaborazione per raggiungere un obiettivo comune (Wenger, 1998)[3]. In tal modo si costituiscono o si allargano quelle ‘comunità’ ove certi oggetti materiali ed immateriali sono abitualmente utilizzati (Karsten et al. 2001)[4].

Ma i ‘boundary objects’ possono anche stabilire collegamenti tra diverse ‘comunità’ guardando gli oggetti materiali ed immateriali non attraverso la lente d’ingrandimento, ma nei suoi insiemi. Nel momento che si riesce a rendere comprensibili alle diverse comunità i diversi elementi dei ‘boundary objects’, si può aprire una cooperazione su attività comuni, anche se si hanno interessi diversi o contrastanti. Per definizione, i ‘boundary objects’ sono strutturalmente abbastanza deboli da essere usati in più comunità sociali, ma diventano strutturalmente forti quando vengono usati all’interno di una specifica comunità.

Edifici religiosi o strutture museali possono essere visti come esempi di oggetti di confine concreti che, con le loro differenze, sono strutturalmente deboli abbastanza da essere usati in più “mondi sociali”, ma diventare strutturalmente forti se usati all’interno dei singoli “mondi sociali”. I “mondi sociali” che guardano le “chiese” potrebbero essere ingegneri (interessati a come sono state costruite), storici (interessati al patrimonio culturale in esse contenute), religiosi (interessati alla rappresentazione sacra). Questi mondi possono anche risiedere in regioni geografiche diverse e guardare gli stessi oggetti in un modo diverso. Allo stesso tempo gli oggetti sono abbastanza comuni a più di un mondo per renderli riconoscibili. Se un oggetto è riconoscibile attraverso uno o più mondi sociali e agisce quindi come un oggetto limite, allora quell’oggetto faciliterà il dialogo tra diversi “mondi sociali”.

In questa nota il ‘boundary object’ per eccellenza è stato trovato nel Mar Mediterraneo, area intorno al quale esistono mondi sociali, religiosi ed economici diversi. Ognuno di questi mondi non è disconnesso dagli altri. Al contrario, ne è intimamente legato, anche se questo legame non è colpevolmente cercato, ma in moltissimi casi addirittura avversato per interessi di parte.

All’interno del ‘boundary object’ Mediterraneo esistono molti altri oggetti che possono diventare patrimonio comune, pur nella loro diversità. Gli anfiteatri ed i palazzi che i romani disseminarono in tutto il loro l’impero sono stati incorporati in ambienti architettonici ed urbani differenti (vedi per esempio il palazzo di Diocleziano a Spalato), fornendo un elemento di continuità culturale tra passato e presente. L’architettura araba ha avuto influenza su vaste aree del Mediterraneo, il gotico, il barocco, pur nelle varie interpretazioni locali, hanno creato elementi di connessione tra società diverse. Probabilmente la città che meglio rappresenta l’intera area Mediterranea è Genova, con i suoi monumenti, i suoi carruggi, l’essere ancora oggi un vero ‘porto di mare’, un luogo perennemente affollato da gente proveniente da varie parti del mondo.

Il risultato di questo rimescolamento è rappresentato da oggetti materiali ed immateriali che si sono sovrapposti ad un ambiente naturale modificandolo. Dal rimescolamento di uomini e culture è derivata la nostra eredità culturale, con le sue differenze locali e regionali. Un opportunistico, ma sostenibile, uso di questa eredità può essere elemento di ulteriore crescita culturale ed economica.

Concludo questa nota riferendomi al dibattito aperto su OMeGA (Via gli stranieri dal Mediterraneo?). Il risultato migliore che in un mondo civile si possa ottenere è l’accoglienza di chiunque voglia partecipare alla crescita delle società Mediterranee e ad un continuo miglioramento del dialogo.

 

Giuseppe M.R. Manzella

 

Bibliografia

[1] A.H. Maslow, 1943. A theory of human motivation. Psychological Review, 50(4), 370-396.

[2] Paul R. Carlile, 2002. A Pragmatic View of Knowledge and Boundaries: Boundary Objects in New Product Development. In Organization Science 13(3):442-455 (http://orgsci.journal.informs.org/cgi/content/abstract/13/4/442)

[3] Etienne Wenger, 1998. Communities of Practice: Learning, Meaning, and Identity. Cambridge University Press. ISBN 978-0-521-66363-2

[4] Heija Karsten et al., 2001. Crossing boundaries and conscripting participation: representing and integrating knowledge in a paper machinery project, European Journal of Information Systems, 10, pp.89-98

 

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