L’acqua geopolitica / 2


Ancora una volta non vi sarà difficile verificare la sconcertante attualità dei problemi illustrati.

Vi proponiamo il secondo articolo pubblicato in passato sul problema dell’acqua.

L’autrice ancora Adele Lerario.

Buona lettura!

La redazione di <omeganews.info>

(http://www.omeganews.info/?p=1926)

IDROPOLITICA E SCENARI CONFLITTUALI

(by Redazione 8 aprile 2013)

di Adele Lerario

La mancata eguaglianza della distribuzione delle risorse idriche ha posto molte volte in crisi i metodi di approvvigionamento dell’acqua. L’oro blu, per sua naturale peculiarità, non può rispettare i confini nazionali legalmente stabiliti. La maggior parte delle volte i giacimenti idrici sono condivisi da una pluralità di Stati e sono sfruttati da essi con modalità differenti. Per chiarire, basti pensare ai bacini fluviali con percorrenza chilometrica, sfruttati da più Stati per finalità diverse: uno Stato che utilizza l’acqua a monte avrà una qualità e una quantità idrica superiore rispetto allo Stato alla foce del fiume.

La questione idrica, proprio per la criticità che vive a livello globale, non può essere affrontata in modo nazionale, ma esige una collaborazione o quantomeno un confronto tra i diversi Governi. Il complesso quadro geologico e politico inerente i sistemi idrici ha visto l’insorgere di un nuovo filone scientifico, che va sotto il nome di “idropolitica” e che analizza scenari politici passati, presenti e futuri in liaison con le problematiche idriche odierne. A causa dell’aumento della domanda d’acqua, i governi hanno iniziato a porre la questione idrica locale come un fattore dominante, a volte arrivando a concepirla come una questione di sicurezza nazionale. L’acqua, come detto, è pervasiva: non segue confini geografici. 

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Al mondo vi sono ben 148 bacini condivisi tra i vari Stati e sono addirittura 273 le falde acquifere sotterranee condivise, molte delle quali in aree geografiche complesse dal punto di vista climatico e soggette all’aridità. In queste particolari fasce del pianeta la condizione di deficit idrico, che si ha quando i prelievi superano il 20% del totale dell’acqua disponibile, può condurre ad un idro conflitto. Per questo la legiferazione circa lo sfruttamento delle risorse idriche è consigliabile e auspicabile. Ben si comprende però come neanche la presenza di trattati internazionali possa escludere l’insorgere di futuri conflitti, in particolar modo perché gli accordi hanno valore regionale e devono essere modificati nel momento in cui varia il consumo idrico interno di ogni singolo Paese partecipante alla stipula di accordo. Sono ben 276 i bacini condivisi che non presentano nessun tipo di scritto inerente al loro sfruttamento. Sempre più spesso, inoltre, gli Stati che in passato son riusciti ad accordarsi sull’equanime utilizzo delle acque, stanno giungendo nuovamente alla possibilità di incrociare le armi per il possedimento dell’acqua. Tra le varie regioni interessate, spicca il Medio Oriente, in cui non vi è alcun bacino che non sia condiviso da almeno un altro Stato. In queste particolari terre, l’acqua è anche un espediente per annunciare un nuovo conflitto: gli inasprimenti sono sì radicati che basterebbe una piccola percentuale di sfruttamento in più da parte di uno Stato per far pendere il piatto della bilancia dalla parte dello scontro armato. Il pericolo consiste nello sfruttamento unilaterale della risorsa a discapito delle altre nazioni che avrebbero, almeno teoricamente, lo stesso diritto di utilizzazione sulla medesima fonte idrica. Nella realtà i conflitti per l’acqua sono di solito mascherati da conflitti per l’approvvigionamento energetico o, ancora, dai conflitti etnici: molte volte l’acqua è inclusa in delle guerriglie internazionali sorte per motivi differenti dalla localizzazione naturale delle risorse acquifere.

Va anche ricordato che in alcuni casi i conflitti idrici hanno generato la possibilità di cambiamento istituzionale, favorendo la posizione più auspicabile in campo internazionale, quella della mediazione e della cooperazione. Questa è resa più probabile dall’esternalizzazione dei benefici, le cui conseguenze devono essere comprese in modo pragmatico e operativo dalla società. Ci si riferisce allo sviluppo della qualità di vita, alla riduzione dell’immigrazione, ad una maggiore efficienza sanitaria e al provvedimento di mezzi di sussistenza per la popolazione.

Ultimamente, a causa di un crescente deficit idrico, la cooperazione è sostituita da una logica egoistica da parte dei vari Paesi. La “corda all’acqua” non è la soluzione per fronteggiare la crisi idrica. Solo un utilizzo migliore e intelligente dell’oro blu può cambiare questo andamento, un atteggiamento da attuare soprattutto in quegli Stati, come quelli mediorientali, che hanno un’economia basata sull’agricoltura e che, per ciò, utilizzano acqua in quantità copiosa.

Adele Lerario

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