Netodotti ed ascolti

Si, come scrive Guido Monno su FB (suo post odierno): <<Nemo propheta in patria. Nel 2011 il mio amico e informatico Maurizio Agazzi, scrisse un articolo per il giornale on Line Omeganews, ( Enrico La Rosa) dove parlava di questo problema, di cui avevamo abbondantemente discusso nel periodo precedente, visto anche che i cavi che collegano il medio oriente e l’Europa corrono da Tel Aviv a Palermo. Ma sembrava, dai commenti e interesse suscitato dall articolo, che la struttura fisica attraverso cui corrono i dati del mondo informatico, interessassero a pochi. Tutto il traffico voce e dati mondiale è in mano a Usa, Cina, Russia. In caso di guerra tecnologica, l’Europa rischia il blackout. Milena Gabanelli e Fabio Savelli sul Corriere della Sera Informazioni su questo sito webCORRIERE.ITI dati di quasi 8 miliardi di persone passano nei cavi sottomarini. Chi li controlla? | Milena Gabanelli Tutto il traffico voce e dati mondiale è in mano a Usa, Cina, Russia. In caso di guerra tecnologica, l’Europa rischia il blackout. Milena Gabanelli e Fabio Savelli sul Corriere della Sera>>

E’ vero, all’inizio della storia del giornale Maurizio Agazzi ci fece dono di questo preziosissimo articolo, lui che è uno specialista in materia, che noi pubblicammo in data 1 luglio 2011 con il titolo “I cavi sottomarini nel bacino del Mediterraneo”

Ecco il link e l’articolo: http://www.omeganews.info/?p=637

ARTICOLI

I cavi sottomarini nel bacino del Mediterraneo

by redazione • 1 Luglio 2011 • Commenti disabilitatisu I cavi sottomarini nel bacino del Mediterraneo

di Maurizio Agazzi

Ricostruzione grafica dei cavi sottomarini nel bacino mediterraneo (Cliccare sulla cartina per ingrandirla)

Per impedire l’utilizzo dei Social Network Twitter e Facebook da parte dei rivoltosi, il 27 gennaio 2011 il governo Egiziano decise di spegnere Internet. La rivolta dilagò nelle strade, dando origine alla “primavera araba”.

Il tentativo del governo egiziano di “spegnere Internet” si è rivelato un boomerang.

Un quarto della popolazione mondiale utilizza Internet. Ma il dato inganna perché il divario tra i così detti paesi sviluppati e quelli in via di sviluppo è enorme, tanto che si parla di “Digital Divide” per indicare la mancanza di infrastrutture di Telecomunicazioni (TLC), capaci di garantire alle proprie utenze un accesso efficiente ad Internet[1]. Se in America ed Europa il 45% della popolazione è on-line, in Asia meno del 15% lo è. Nei Paesi in via di sviluppo mediamente 13 persone su 100 utilizzano Internet, mentre in Africa solo il 5% della popolazione. La World Wide Web ha forse smesso di crescere? Il tasso d’incremento dell’utenza via cavo è del 6,1% (2008), con un andamento lineare negli ultimi anni, molto meno aggressivo rispetto alla diffusione della telefonia mobile che cresce invece del 61% (2008)[2], con una progressione esponenziale.

La facilità d’accesso ad Internet nel mondo occidentale tende a farci dimenticare l’aspetto importante legato alle Infrastrutture di TLC. Al di sotto del “Cyber Space” virtuale si cela un mondo “sommerso”, dove i collegamenti via cavo sottomarino dominano per estensione la Grande Ragnatela, l’ecosistema di autostrade telematiche della World Wide Web. I cavi sottomarini utilizzano le fibre ottiche e tecnologie di ultima generazione per garantire trasferimenti dati fino a 3.8 Tbps. Richiedono investimenti in TLC dell’ordine di centinaia di milioni di dollari ed un elevato livello di cooperazione internazionale. Per citare un esempio, il cavo I-ME-WE (India, Middle East, Western Europe ) che collega Marsiglia a Mumbai, ha richiesto 480 milioni di dollari. Si estende per 13.000 Km e serve oggi otto paesi: India, Pakistan, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita, Egitto, Libano, Italia e Francia. Gli investimenti nei cavi sottomarini sono stimolati dai nuovi modelli di business basati sul protocollo IP (Internet Protocol) che consumano banda d’Internet per erogare servizi di Voice-Ip, Streaming Video e Cloud Computing. In altre parole, gli investitori nel settore delle TLC partecipano ai progetti di collegamento della World Wide Web nella misura in cui la Ragnatela sottomarina potrà generare Return on Investment (ROI), quindi in funzione anche di un mix di fattori geo-economici nell’area.

L’Egitto gode di una situazione privilegiata nel campo dei trasporti marittimi. Il Canale di Suez è percorso dalle navi che collegano l’Occidente con l’Oriente. L’Egitto ha saputo trarre vantaggio dalla posizione geografica naturale che pone Suez sulla dorsale di comunicazione d’Internet tra Occidente e Medio Oriente. Il canale è punto d’approdo oltre che per il cavo sottomarino IMEWE, anche per la dorsale telematica transoceanica più lunga del mondo: il cavo sottomarino SEA-ME-WE-3 di 39.000 Km, che connette 32 paesi che vanno dal Nord della Germania, alla Corea, passando per lo Stretto di Gibilterra e il Canale di Suez. La competizione crescente nelle TLC ha comportato la messa in posa di numerosi cavi telematici ad altissima velocità nei fondali di Suez , abbattendo i costi d’accesso ad Internet per gli Egiziani e favorendo nel Paese la formazione di competenze informatiche eccelse (p.e. il cavo sottomarino Euro-Asiatico FLAG di 28.000 km).

Allargando il focus sul Bacino del Mediterraneo, la Sicilia rappresenta un hub naturale. Le sue coste offrono punti d’approdo ai cavi sottomarini, mentre le città di Palermo e Catania ospitano i nodi strategici d’Internet (Point-of-Presence). La Ragnatela sottomarina collega città come Catania, Atene, Istanbul, Haifa, Tel Aviv e convoglia i dati dal Sud-Europa al Medio Oriente.

Oltre il 95% del traffico d’Internet tra i continenti avviene via cavo sottomarino transoceanico. Solo per situazioni molto particolari e per collegare aree difficilmente raggiungibili si utilizzano collegamenti satellitari, per lo più per rispondere ad esigenze temporanee di continuità operativa. I cavi sottomarini sono disciplinati dalla Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare (United Nations Convention on Law of the Sea-UNCLOS). Godono di uno status prioritario sotto la UNCLOS, soprattutto in acque internazionali. Le navi che posano e riparano i cavi sono protette dalle Leggi del Mare.

L’Australia ha incluso i cavi sottomarini tra le Infrastrutture Critiche (Critical Infrastructure Resilience Strategy Attorney-General’s Department, 2010). All’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, il Governo di Singapore[3] ha fatto notare come, nonostante le reti sottomarine in fibra ottica siano diventate il vero scheletro e il sistema nervoso del mondo, molti paesi siano tuttora all’oscuro della loro importante criticità e non tengano in sufficiente considerazione gli obblighi delle Convenzione  “to ensure that they had criminal jurisdiction over the wilful or negligent damage to those cables in the high seas”.

Per concludere, un parallelismo con la storia della antica Roma. Il grado di civiltà che seppe esprimere l’Impero Romano fu sancito anche da una rete capillare di acquedotti, segnando con queste grandiose opere di ingegneria il livello di progresso raggiunto, espressione di una capacità politica e culturale capace di elaborare strategie di lungo periodo. Chissà se le generazioni venture riconosceranno i tratti di quella antica lungimiranza anche nella nostra World Wide Web.


[1]Con il termine si intende l’assenza di infrastrutture di telecomunicazioni capaci di garantire alle utenze un accesso ad Internet mediante linea fissa in “banda Larga”. La banda larga è un collegamento con velocità di trasferimento dati di almeno 2Mbps simmetrici. Tuttavia ci sono paesi Africani che non possono garantire a gran parte della popolazione  nemmeno una connessione telefonica analogica.

[2] “Measuring the Information Society”, International Telecomunication Union , The ICT Development Index 2009

[3] United Nation , Sixty-fifth General Assembly GA/11031  , Plenary . <Additionally, he noted that a network of submarine fibre optic cables linked the world together, serving as “the true skeleton and nerve of our world”.  Nevertheless, many countries remained unaware of the critical importance of submarine cables, and many States Parties to the Convention had not paid sufficient attention to the obligation under the Convention to ensure that they had criminal jurisdiction over the wilful or negligent damage to those cables in the high seas.>>