Aspettando il 7 aprile…


L’Europa unita dovrà scandire i tempi per una cooperazione mediterranea reale ed efficace, integrata ed organica, che preveda la condivisione  delle risorse per fronteggiare comuni minacce. L’approccio, per essere efficace, dovrà essere di natura estremamente paritetica e passare, preferibilmente, attraverso il benestare di organizzazioni sovranazionali della sponda opposta, come l’Unione Africana o la Lega Araba o l’UMA, e nella convinzione che è assolutamente necessaria la complementare condivisione di risorse (Sud) e know-how (Nord).

 

 Di questo si è reso interprete il presidente francese Sarkozy che indicò nell’Unione per il Mediterraneo l’ambito istituzionale di riferimento del processo di integrazione dei Paesi del bacino mediterraneo. Istituzione che permetterebbe di superare gradualmente le visioni contrapposte tra il Nord ed il Sud, anche grazie al principio di flessibilità geografica. Nell’immediato futuro questo strumento, se ben utilizzato nei settori prioritari già individuati, avrebbe potuto rappresentare la chiave di volta per l’avvicinamento non solo sul piano prettamente economico e militare, ma anche culturale e sociale. L’unico dubbio ed ostacolo continua a rimanere l’utilità, in termini politici e socio-culturali, dell’avvenuto coinvolgimento dei Paesi dell’UE non bagnati dal Mediterraneo. Alla lunga, potrebbero costituire motivo di discontinuità, incomprensione e contrapposizione. Se il partenariato finora ha funzionato poco è stato a causa della prevalenza degli interessi europei: sicurezza, mercati, idrocarburi, trasporti, ecc. Il partenariato ha funzionato solo quando si è data l’idea di un rapporto paritetico e del prevalere degli interessi mediterranei, non europei, o di altri.

Non c’è dubbio che le relazioni fra i paesi rivieraschi sono più vantaggiose in un contesto di pace e prosperità economica piuttosto che in un clima di contrasto e che sia necessaria una politica di cooperazione e sviluppo comune per potere dare al bacino mediterraneo una nuova identità stabile, competitiva ed innovativa. E ciò nella ferma convinzione che il Partenariato euro-mediterraneo sia uno strumento necessario, di certo ancora imperfetto, ma perfettibile, da costruire attorno ad un nucleo in possesso di determinazione e unità d’intenti, che si ispiri ad una netta visione in termini di “Unione Mediterranea”, più che dell’annacquata “Unione per il Mediterraneo”. Che promuova, infine, un’idea di Mediterraneo come cerniera più che frontiera. In caso contrario sarà inutile non solo la data del 7 aprile, ma tutte le date del calendario.

Enrico La Rosa

Politica di vicinato con i paesi del Mediterraneo: serve riforma

Plenaria del 4-7 aprile 2011
tratto da “Parlamento Europeo”
La politica di vicinato europea, lanciata nel 2004 per garantire stabilità, prosperità e sicurezza ai confini dell’Unione, è chiamata ora ad affrontare le nuove problematiche portate alla ribalta dalla “primavera” dei paesi arabi.
Il recente scenario delle rivoluzioni in Tunisia e Egitto, le proteste in Siria, Yemen e Bahrain e il conflitto libico hanno bisogno, infatti, di una risposta forte dell’Europa, affinché “la democrazia, la giustizia, i diritti umani” non rimangano soltanto le belle parole dell’ennesima risoluzione internazionale.
Nella proposta di risoluzione sulla “revisione della politica europea di vicinato – dimensione meridionale” che verrà votata in plenaria giovedì 7 aprile, il relatore portoghese di centro-destra Mário David ha ammesso, a nome della commissione per gli affari esteri, il fallimento dell’UE nel “promuovere i diritti umani nei paesi terzi” e nel garantire così la stabilità ai confini dell’Unione.
Ha esortato, quindi, l’Europa a trarre insegnamento dagli errori del passato per “correggere, in futuro, eventuali carenze e scelte sbagliate” e per garantire che “l’Unione svolga un ruolo attivo da protagonista e non solo di finanziatore nell’ambito del processo di pace in Medio Oriente e della situazione nel Sahara occidentale” – ad esempio, assumendo la guida concreta, insieme alla Lega Araba, nella risoluzione dei conflitti.

Riconciliare politica di immigrazione e diritti umani
I paesi del Mediterraneo hanno un ruolo di prima importanza nelle problematiche riguardanti l’immigrazione in Europa, come l’emergenza indi Lampedusa ci ricorda.
Il Parlamento riconosce il valore degli accordi con questi paesi nel tentativo di regolamentare i flussi migratori, soprattutto in riferimento al tema spinoso dell’immigrazione irregolare; non è disposto tuttavia a tollerare in futuro, ripetendo l’errore commesso con il regime di Gheddafi, l’infrazione dei diritti umani negli stati vicini e a scendere a patti con poteri autoritari, al solo scopo di rendere sicuri i confini.
Certo “l’Europa non può diventare la destinazione di migliaia e migliaia di migranti in cerca di lavoro”, ha sottolineato il relatore Mário David, ma non per questo è autorizzata a far prevalere i suoi interessi sui valori fondanti dell’Unione e sugli obblighi giuridici internazionali.

Nuovo scenario…nuove opportunità per l’Unione del Mediterraneo?
Nel 2008, dietro iniziativa della presidenza francese, l’UE aveva lanciato l’Unione per il Mediterraneo: un tavolo internazionale con lo scopo di rafforzare la cooperazione tra l’Europa ei 16 Stati vicini del sud, e promuovere una politica di buon vicinato tra quegli stessi paesi.
Oggi l’organizzazione è in fase di stallo dopo che, in un summit dello scorso novembre, i capi di Stato hanno rimandato ogni decisione a data da destinarsi, a causa del difficile processo di pace in Medio Oriente.
Il Parlamento europeo critica fortemente “il messaggio negativo per le popolazioni e le istituzioni” che il rinvio a tempo indeterminato trasmette, e chiede con forza che più fondi vengano messi a disposizione per le iniziative.
C’è bisogno insomma che l’Unione per il Mediterraneo torni a giocare un ruolo chiave nel contesto geopolitico della regione; gli eventi recenti ne hanno sicuramente dimostrato l’importanza.
Per concludere con le parole di David, che mostra una buona dose di ottimismo “alcuni Stati, su entrambe le sponde del Mediterraneo, non abbiano ancora capito a pieno i vantaggi di questo modello politico. Ma lo faranno, e molto presto”.