“Il pazzo col bisturi”, di Yasmina Khadra

di Anna La Rosa

2508201801Editore: Edizioni del Capricorno
Collana: La metà oscura
Anno edizione: 2017
In commercio dal: 9 novembre 2017
Pagine: 174 p., Brossura
Costo: 12,00€

 “Il pazzo col bisturi” ha come palcoscenico la bellissima e, nei romanzi di Yasmina Khadra sempre un po’ malinconica, Algeri. Algeri stupenda e trascurata, Algeri eroica e maltrattata, insozzata dalla corruzione, dalla disillusione, dalle speranze tradite, da una gioventù sbandata e senza futuro. Sullo sfondo, il Memoriale dei Martiri, il Maqam, domina, austero e freddo, su una popolazione derubata anche dei propri sogni.
Il libro si potrebbe riassumere come un avvincente e, per il lettore occidentale, inconsueto e originale romanzo giallo, che si sviluppa alla ricerca di un assassino e dei suoi terribili omicidi, condotta dal Commissario Llob, il personaggio principale, che il “pazzo col bisturi” ha scelto per comunicare i propri crimini, la propria follia ed il proprio tormento.
Tuttavia, nel dipanarsi della trama prende forma l’idea che i veri protagonisti del romanzo possano essere altri. Si viene coinvolti nella narrazione, si respira l’aria umida di salsedine di Algeri, sembra anche di percepire gli odori e di conoscere i vari personaggi e, poco a poco, il romanzo non è più “solo” un giallo, ma un racconto di denuncia. La figura del Commissario Llob è quella di un uomo invecchiato dal disincanto e dall’amarezza, più che dagli anni.
Nel suo mondo, persone semi analfabete e poco intelligenti fanno carriera grazie a raccomandazioni ed esercitano il proprio potere con arroganza, favoritismi e miopia. Llob è costretto a subire la corruzione di chi comanda e l’ingiustizia che il loro comportamento disonesto riproduce. Giganti con i subalterni e i collaboratori, “nanerottoli terrorizzati” con i più forti e potenti.
Così, “i poveri villici che sbarcano ingenui in città” finiscono in galera per aver pronunciato alcune parole sconvenienti, mentre il caso del rampollo di qualche potente che uccide tre bambini, guidando in stato di ebrezza, viene archiviato.
Diversi personaggi incarnano comportamenti e valori: la corruzione, la lealtà, il servilismo, il coraggio, la disperazione, l’orgoglio, l’amore. Lo stesso “pazzo col bisturi” confida a Llob che ha scelto proprio lui perché incarna l’onestà e la correttezza: “Ci ho messo tre anni a scegliere un buon commissario. Le persone oneste sono sempre più rare, ai giorni nostri”. Il nostro protagonista è un uomo che compie il proprio dovere anche se deve sottostare a superiori il cui unico merito è la fortuna di un buon matrimonio, o di amici influenti. Incarna la dignità dello Stato quando, umiliato, resterà sull’attenti e, successivamente, nel supporto che offrirà ad un collega. Un uomo non molto colto, con una vecchia macchina, messo alla prova dalle delusioni, eppure capace di conservare intatti i propri valori: un padre che lavora per assicurare un futuro ai figli, un marito innamorato anche dopo ventotto anni di matrimonio, un collega leale. Non viene presentato come l’“eroe”, ma si impone come tale per quel suo ostinato coraggio con cui conduce la propria vita, per il proprio carattere orgoglioso che – sebbene debba sopportare superiori incapaci che hanno occupato la dirigenza – non si lascia umiliare, corrompere o piegare. Il commissario Llob incarna il carattere del popolo algerino, quello che ha combattuto contro ogni oppressore e che, dopo l’indipendenza, ha visto progressivamente tradite le proprie speranze e ha vissuto anni terribili e bui di terrorismo islamista. Non si è piegato nemmeno di fronte ai massacri collettivi.
Intorno al Commissario i diversi personaggi riflettono le tante immagini di un periodo storico algerino di profondi e veloci cambiamenti, di rottura (se non tradimento) del passato, con il sogno di costruire una società migliore, con il disgregarsi della solidarietà e l’affermarsi “dell’egocentrismo generato da un materialismo machiavellico e invadente”. Il futuro è Lino, il giovane subalterno di Llob, più impegnato ad atteggiarsi talentuoso e a cercare una scorciatoia per consolidare la propria carriera, piuttosto che ad imparare. Il futuro lo intravvediamo nei figli del commissario che, nonostante gli studi, debbono rinunciare ai propri sogni, “con quel coraggio commovente che ben si adatta ai sacrifici fatti per le buone cause”.
Affiora, dunque, il ritratto di un Paese complesso, distante da quello esotico e stereotipato che ci viene continuamente riproposto dai nostri media, ma è talmente familiare che, forse, l’immagine è piuttosto quella di un periodo storico comune e condiviso.
Il romanzo termina non con la felice conclusione di un caso tra inseguimenti e sparatorie (che pure non mancano), non con la morale semplificata e semplice dell’impegno che premia sempre, persino gli eroi imperfetti come Llob; non con la vittoria dei buoni, o con un equilibrio ristabilito. Come già scritto, questo non è “solo” un giallo: è un romanzo di denuncia che narra la vita vera, i sentimenti autentici in cui il bene ed il male non sono categorie assolute e distinte ed in cui una vittoria può essere senza vincitori, se non uno. L’ingiustizia.

Anna La Rosa