SAPIENS, di Yuval Noah Harari

di Alberto Osti Guerrazzi

1712201501Spesso, come in questo fine 2015, gli avvenimenti della storia a noi contemporanea ci appaiono drammatici, epocali; anche per questo altrettanto spesso, osservandoli, vivendoli, rischiamo di sopravvalutarne la portata storica. È una questione di prospettiva, ed è naturale che ciò che viviamo nel nostro presente ci appaia importante. È la microstoria, la cronaca letta sui giornali e vista nei telegiornali, per cui anche la Leopolda appare qualcosa di significativo.

Nel lungo periodo poi spesso la grandissima parte di questi fatti si perde in una luce più sfocata, quando non scompare del tutto alla vista (tranne a quella di qualche studioso, appunto, di microstoria).

Per molto tempo si è usato far partire il racconto della storia dell’uomo dai Sumeri e dagli Egizi, più o meno quindi dal 3000 ac; da qualche tempo diversi studiosi si sono cimentati nel tentativo di anticipare questa data, con il fine di meglio comprendere i percorsi e gli avvenimenti che si sono succeduti nello scorrere dei secoli. Un esempio meritatamente già classico è Jared Diamond, biologo e ornitologo californiano diventato storico del periodo lungo, autore di “Armi Acciaio e Malattie” e di altri testi di grande importanza. In “Armi Acciaio e Malattie” Diamond partiva da una domanda: perché è accaduto che gli europei hanno conquistato le Americhe e non il contrario? E per rispondere a questa domanda esaminava, da una prospettiva molto ampia, la storia umana partendo dalla rivoluzione agricola, cioè da ca. il 10.000 ac. Le risposte a cui giunge sono spesso molto convincenti.

Nel suo volume Sapiens, breve storia dell’umanità, (tradotto in italiano con il titolo Da uomini a Dei e pubblicato da Bompiani), lo storico israeliano Harari cerca di capire quali siano state le cause e gli effetti dei più importanti ed epocali sviluppi della storia umana retrodatandone l’esame di ancora qualche anno, al 70.000 ac.

È la data, ovviamente approssimativa, di quella che lui chiama la Rivoluzione Cognitiva della specie Homo Sapiens Sapiens, la rivoluzione per cui questa particolare specie del genere Homo acquisì capacità cognitive tali da consentirgli di imporsi su tutte le altre specie animali, a cominciare da quelle del suo stesso genere; tra queste la più nota sono i Neanderthal, che, benché fossero magnificamente adattati al periodo glaciale, persero la lotta per la supremazia con i Sapiens Sapiens e scomparvero, si estinsero come si estinsero i mammut.

Harari individua poi altre due rivoluzioni, altri due passi decisivi nell’evoluzione umana nel suo percorso che ha portato l’Homo Sapiens Sapiens a dominare senza rivali tutto il pianeta: la rivoluzione agricola del 10.000 ac ca. e la rivoluzione scientifico-industriale, il cui inizio è intorno al 1500.

Il modo con cui esamina le cause e gli effetti di queste di tutte e tre le “rivoluzioni” è sempre acuto e stimolante, spesso originale, e sarebbe troppo lungo descriverlo qui. Qualche esempio: circa la rivoluzione agricola una delle domande che l’analisi del periodo fa nascere è: la specie umana ci ha guadagnato? La qualità della vita è migliorata? La risposta non è facile, di certo si per i capi della nuova struttura gerarchica della società, probabilmente no per la gran massa della popolazione, esposta come contadini e allevatori a molte più malattie rispetto all’epoca in cui erano cacciatori raccoglitori e costretti a lavorare molto di più e con maggior fatica; certamente no per gli animali addomesticati, ridotti a forza motrice e cibo spesso con metodi di grande crudeltà. Provare a vedere la storia anche dalla prospettiva di specie diverse dalla nostra è certamente qualcosa di originale e di molto interessante.

Un’altra domanda a cui Harari cerca una risposta è: perché con la rivoluzione agricola la grandissima parte delle società umane hanno costretto la donna in un ruolo di sottomissione nei confronti del maschio? Lo storico israeliano esamina molto delle risposte che si è cercato di dare a questa domanda, senza però riuscire a trovarne nessuna convincente. A riprova del suo non capacitarsi, spesso nel testo invece di usare il “lui” utilizza il “lei”, usa cioè il femminile al posto del maschile.

Nella parte relativa alla rivoluzione scientifico industriale le tesi sono a volte meno originali (essendo, data la mole infinita di lavori prodotti sul tema, molto più difficile), ma comunque interessanti; come quando esamina il perché della riduzione della violenza e del numero di guerre che si è, fortunatamente, avuto negli ultimi decenni: la causa principale non è tanto in un’accresciuta coscienza pacifista quanto nel fatto che economicamente la guerra non è più redditizia, la pace lo è di più, quindi la si sceglie. Fino a non molto tempo fa la guerra era il modo con cui gli stati si finanziavano; oggi conviene di più il commercio, e quindi la guerra va evitata.

Il libro si chiude con alcune considerazioni sul futuro, per esempio parlando del Progetto Gilgamesh finalizzato a rendere immortali gli individui della nostra specie.

Insomma, un libro straordinariamente stimolante, a volte provocatorio, sempre di grande intelligenza; anche, una lettura piacevole, mai Harari si lascia andare a concettualizzazioni complesse in modo esagerato; a dimostrazione che semplicità, profondità ed intelligenza sono assolutamente compatibili.

 

Alberto Osti Guerrazzi, 15.12.2015