Notiziario Periodico Mediterraneo

23 Aprile 2015

di Luigi R. Maccagnani

 

Libia

Febbraio 2014: Peace Works pubblicava un rapporto dettagliato sull’attività’ criminale in Libia (omeganews ne aveva pubblicato il 9 Giugno 2014: http://www.omeganews.info/?p=2531 ), in cui si faceva specifico riferimento al traffico di migranti, quantificando, nei tre esempi riportati, il calvario che queste persone affrontano nel transito in Libia ed il relativo riscatto, pagato in termini di soldi ed abusi, magari poi per finire in fondo al mare.

Stime dell’Alto Commissariato ONU per i Rifugiati (UNHCR) dei flussi degli ultimi cinque anni, 2010-2014, mostrano un’impennata drammatica nel 2014 per la rotta centrale, prevalentemente dalla Libia, dai paesi “tradizionali” Nigeria, Somalia ed Eritrea, Tunisia, cui nello scorso anno si sono aggiunti numerosissimi Siriani. Modesto il flusso da Ovest, Algeria e Marocco, cui accedono prevalentemente emigranti dal Mali, Cameroon e Guinea; per la rotta orientale con origine in Turchia nel 2014 si segnala un modesto aumento per la componente Siriana (che comunque privilegia evidentemente la Libia) che si aggiunge ai migranti dalla Somalia e dall’Afganistan.

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Numerose sono state le segnalazioni, sia su queste pagine, sia provenienti da altre fonti, che dal 2013 hanno evidenziato il rischio cui la Libia andava incontro se il mondo internazionale non avesse teso una mano atta a contrastare il divagante potere dei “signori della guerra” che controllano le principali milizie e che lucrano sui traffici illeciti alimentando quel caos politico che è a loro necessario per continuare nelle attività criminali.

Numerose le richieste di assistenza che ognuno dei sei Governi che si sono succeduti dalla caduta di Gheddafi il 23 Ottobre 2011 ha rivolto all’Occidente. Certo, se si fosse intervenuti tempestivamente probabilmente la Libia non sarebbe precipitata nel baratro attuale, e forse avrebbe potuto proseguire nel suo percorso verso la democrazia.

La rivoluzione in Libia è stata spontanea, non di origine “islamista radicale”, ma voluta dalla gente comune, principalmente dalle fasce più giovani: ricordo l’entusiasmo che si respirava nell’estate del 2012 per le strade di Tripoli, l’ottimismo per un futuro migliore…

Forte era anche il pressing del mondo internazionale, gli occidentali attirati dalle opportunità legate al mondo petrolifero, altri – tra cui Turchia e Qatar – per le opportunita’ di ricostruzione (e forse per cercare un’influenza politica?).

La cosa che mi colpiva di più, al tempo, era la voglia di molti di lanciarsi nel privato, in un Paese dove per quaranta anni il privato era stato fuori legge, diventare imprenditori, e chiedevano aiuto non tanto in finanziamenti, quanto in tecnologie. Diverse persone, dato i grandi obiettivi di ricostruzione, pensavano alla ceramica ambendo ad associazioni con le fabbriche di Faenza, altri a società di servizio per l’indotto petrolifero, ma soprattutto per l’elettrico. “Avremo anche noi una classe media”.

Al contempo, il mondo politico si barcamenava cercando di impostare un governo e creare le istituzioni mancanti, via via prendendo coscienza del crescente pericolo che le “milizie” costituivano. Ed in questa fase sarebbe stato importante rispondere alle richieste di aiuto.

Difficile il lavoro di Bernardino Leon – UNSMIL, Missione ONU di Supporto alla Libia – che cerca di facilitare la formazione di un Governo di Unità Nazionale che possa prendere in mano la situazione, ma difficile pretendere che accordi “costruttivi” possano essere raggiunti quando alcuni – se non i più forti- contendenti hanno l’unica legittimazione quella delle armi, e nel frattempo il traffico illegale – compreso quello dei migranti – continua senza che nulla venga fatto.

Solo poche settimane fa, all’inizio di Aprile, Aghila Saleh, presidente del parlamento eletto, HoR (House of Representatives, Tobruk) era in visita in Italia, dove ha incontrato sia l’Onorevole Boldrini, presidente della Camera dei Deputati, sia il Ministro degli Esteri Gentiloni.

La visita del presidente Aghila Saleh, nell’aggiornare la controparte sulle prospettive del dialogo intra-libico sponsorizzato dall’ONU (UNSMIL), ha sicuramente insistito per un appoggio Italiano alla rimozione dell’embargo sulle armi, ed alla necessità di dare all’esercito Libico (LNA – comandato dal Gen. Haftar) gli strumenti per combattere sia il terrorismo, sia le “bande” criminali che gestiscono i traffici illegali.

A metà Aprile, il primo ministro Libico Al Thinni ha compiuto la sua prima visita a Mosca in quello che da alcuni è stato definito uno “shopping trip”.

Commentatori riportano le espressioni di delusione verso il mondo occidentale, il cui atteggiamento viene definito “contradditorio”: da una parte riconoscono il governo di Tobruk/Beida (HoR) come l’unico legittimo, mentre dall’altra negano l’aiuto necessario perché esso possa esercitare piena sovranità (da editoriale di Mustafa Fetouri).

Oltre a cercare di riallacciare i legami economici con la Russia, Al Thinni ha chiesto sostegno per la revoca dell’embargo sulle armi (embargo che fu imposto sulla Libia nel febbraio 2011 con risoluzione 1970 del Consiglio di Sicurezza ONU), cui far seguire la fornitura dalla Russia di armi ed addestramento.

Certo, una Libia stabilizzata non avrebbe impedito (e non impedirà se mai giungerà a stabilizzazione) il flusso di migranti dall’area sub-sahariana o dalla Siria, ma il controllo nel paese stesso, forse con l’aiuto di UNHCR, o comunque della comunità europea, avrebbe potuto molto mitigare gli aspetti disumani del traffico ed i relativi rischi.

http://www.usip.org/sites/default/files/PW96-Illicit-Trafficking-and-Libyas-Transition.pdf

 Iran: da Impero, a Stato Canaglia, a Partner (ambito?)

Il Sottosegretario USA, Wendy Sherman, ed il Vice Ministro degli Esteri Iraniano, Abbas Araqchi, si sono incontrati in Vienna Giovedì 23 Aprile proseguendo nello sforzo per rendere possibile la finalizzazione dell’accordo entro la data prevista di fine Giugno. (Reuters, 23-4-2015)

L’incontro fa seguito alla riunione conclusasi il 2 Aprile u.s., durante la quale Iran e Stati Uniti, con la partecipazione di Russia, Cina, UK, Francia, Germania e il Rappresentante Europeo Mogherini, fu deciso di “trovare un accordo reciprocamente accettabile” entro il trenta Giugno sulla base di una rinuncia da parte dell’Iran all’arricchimento dell’uranio, i.e. armi nucleari, e contestualmente della revoca delle sanzioni economiche ora in essere contro il paese.

I partecipanti alla riunione, pur di altissimo livello – ognuno dei Paesi era rappresentato dal rispettivo ministro degli esteri, chiaramente non avevano autorità di decisioni definitive; i principii base dell’accordo comunque sono stati messi sul tavolo, e la riunione 22-23 Aprile, a livello di sottosegretari, un confronto per negoziare verso il compromesso.

Uno sguardo alla Repubblica Islamica dell’Iran

Una civiltà di origini antichissime, un territorio generoso di risorse naturali,

Iran, un colosso petrolifero con riserve di greggio accertate ad oggi secondesolo a quelle dell’Arabia Saudita, 157 miliardi di barili contro i 266 dell’Arabia, e quasi il doppio della Russia (93 miliardi), cui bisognaaggiungere l’enorme potenziale in gas naturale.

Negli anni ’70 la produzione di greggio supera i 6 milioni di barili al giorno

1973: entra a pieno regime lo sviluppo petrolifero

1979: Nasce la Repubblica Islamica, Khomeini rientra in Iran; il 4 Novembre vengono presi 60 ostaggi Americani, che verranno rilasciati 444 giorni dopo;

1980-1988: Guerra Iran-Iraq;

1989: morte di Khomeini;

2012: prendono effetto le sanzioni economiche

Interscambio Italia-Iran

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Dati: CC Italo-Iraniana

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Dati: ISTAT 2013, elaborazione SACE

1957: Enrico Mattei, presidente ENI, prende contatti diretti con lo Scià di Persia, Reza Palhevi per proporre termini contrattuali nell’esplorazione petrolifera che avrebbero sconvolto il mondo dei paesi produttori: una societa’ paritaria con l’ente petrolifero di stato, con la loro partecipazione diretta nella tecnologia di esplorazione ed estrazione degli idrocarburi, e royalties del 50%: di fatto lo stato Iraniano acquisiva il 75%”

Mattei: “Il mio compito e’ di assicurare al mio paese l’approvvigionamento di petrolio, non di fare profitti”

Il contratto che ratificò l’accordo fu siglato il 14 Marzo 1957, nel Settembre successivo nacque la SIRIP (Societe Italo-Iranienne des Petroles), di fatto iniziando la crescita dell’Eni verso la dimensione attuale.

Luigi R. Maccagnani