QUESTIONE PALESTINESE, E’ VERA SVOLTA?

di Alessandro Fucci (*)

Il 29 novembre 2012 resterà nella storia del popolo palestinese, così come il 29 novembre di sessantacinque anni prima. Allora, la risoluzione 181 delle Nazioni Unite impose la divisone della Palestina in due stati autorizzando di fatto la nascita di Israele; oggi, invece, il ricordo nella mente dei Palestinesi sarà più piacevole perchè l’Assemblea Generale dell’ONU ha ammesso la Palestina come stato osservatore non membro.

I voti favorevoli sono stati 138, 9 i contrari e 41 gli astenuti. L’Italia è stata tra i 138 Paesi che hanno votato a favore dello Stato arabo affermando di essere convinta del rapporto di amicizia sia con Israele che con i Palestinesi e auspicando che ci si sieda nuovamente al tavolo dei negoziati per giungere a una soluzione condivisa. Non dello stesso avviso sono stati gli altri Paesi europei che hanno registrato, oltre ai 14 voti favorevoli, anche 12 astenuti e un contrario. Un peccato che il “neo premio Nobel per la Pace” si sia presentato diviso ad un appuntamento importante come questo.

Nonostante la larghissima maggioranza, è difficile credere che questa soluzione possa assumere una forma duratura o che segni la pace definitiva tra due popoli perennemente in lotta. La strada verso la pacificazione continua ad essere impervia. D’altronde, sono state tantissime in questi 60 anni di guerre le risoluzioni approvate e non applicate.

Israele, benché sia uscita sconfitta dal palazzo di vetro e isolata diplomaticamente, può contare sull’appoggio degli Stati Uniti e sulla grandissima forza militare di cui dispone. La Palestina viceversa, anche con la forza dei numerosi <sì> incassati, non ha una forza militare capace di mettere in difficoltà lo Stato ebraico. La divisione interna tra Hamas e Fatah (la prima controlla la Striscia di Gaza, la seconda Ramallah e la Cisgiordania) non aiuta, inoltre, la Nazione, bisognosa di unità, di affermarsi in campo internazionale.

Con un seggio nell’Assemblea delle NN UU, la Palestina ha conseguito, di fatto, il diritto di denunciare Israele al Tribunale penale internazionale o alla Corte internazionale di giustizia, il principale organo giudiziario delle Nazioni Unite che fino ad oggi non avevano giurisdizione nei territori. Ma il diritto internazionale non sarà sufficiente a fermare Israele, che, infatti, il giorno successivo al voto ha subito autorizzato 3000 nuovi alloggi per i coloni nei territori occupati della Cisgiordania e di Gerusalemme Est provocando la reazione di Abu Mazen che si chiede come sia possibile che, nonostante tutte le risoluzioni che condannano l’occupazioni ebraiche, queste continuino ad essere attuate regolarmente.

La strada verso la soluzione è ancora in salita. L’impressione è che non basti l’ennesima risoluzione a far trovare la quadratura del cerchio. Forse devono essere gli Stati Uniti e le grandi capitali mediorientali a farsi promotori e gestori di trattative di pace vere e più efficaci che nel passato.

(*) Alessandro Fucci, che esordisce con questo articolo quale collaboratore del giornale, ha 22 anni, è nativo di Benevento. Vive a Roma, dove frequenta il corso di laurea triennale in “Scienze Politiche” presso “La Sapienza”.